Il 90% degli italiani è contro le pellicce
Secondo un recente studio Eurispes, il 90% degli italiani è contro le pellicce e vuole rendere illegali gli allevamenti di visoni e altri animali, destinati ad alimentare un mercato comunque in declino.
Italiani sono contro le pellicce
Il rapporto Italia 2015 stilato dall’Eurispes parla chiaro: il 90,7% dei nostri concittadini è contrario a questo ‘capo di lusso’ ormai datato, e si esprime favorevolmente al divieto di allevamento di animali destinati a tale scopo.
La parte dell’indagine che analizza le opinioni degli italiani su temi quali ambiente, animali e alimentazione, rivela anche il rafforzamento di tendenze già note, volte alla maggiore sensibilità ai temi ambientali, al crescente rispetto degli animali e al sempre più spiccato interesse per la dieta vegetariana o vegana.
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Sul fronte del rapporto con gli animali, i nostri concittadini si mostrano decisamente insofferenti a ogni forma di loro sfruttamento, esprimendosi in maggioranza contrari non solo nei confronti delle pellicce, ma anche verso la vivisezione (87%), la caccia (78,8%), i circhi (68,3%) e i delfinari (64,8%). Cresce inoltre la percentuale di italiani che vorrebbero consentire l’accesso degli animali da compagnia nei luoghi pubblici (56,5%) e nelle strutture ricettive (56,8%), nonché quella di coloro che vorrebbero divenisse realtà la legge sull’equiparazione degli equidi agli animali d’affezione, al fine di impedirne la macellazione.
Restando in materia normativa, in Parlamento devono ancora esser discusse tre proposte di legge tese al divieto di allevamento di animali da pelliccia nel nostro territorio, sull’onda di quanto già avvenuto in altri sei Paesi europei (Austria, Regno Unito, Croazia, Bosnia, Olanda e Slovenia), dove le porte di queste ‘fabbriche di morte’ sono state definitivamente sbarrate.
Intanto, mentre il mercato delle pelli sul mercato europeo registra un costante calo dei prezzi, la mobilitazione di molte organizzazioni ambientaliste e animaliste è valsa a impedire la realizzazione di progetti di apertura di nuovi allevamenti da pelliccia sul suolo italiano, grazie al vasto consenso dei cittadini che hanno firmato le petizioni e partecipato in massa alle manifestazioni.
Nonostante l’accentuata contrarietà dell’opinione pubblica e la grave crisi economica di un settore sempre più marginale, a Milano anche quest’anno si è svolto il consueto appuntamento di Mifur, il salone internazionale della pellicceria e della pelle. A parte il buon esempio di importanti stilisti e aziende (Calvin Klein, Diesel ecc.), che hanno escluso volutamente le pellicce dalle collezioni per motivi etici, il mondo della moda pare rimaner sordo agli appelli degli animalisti e insiste nel proporre inserti e accessori in pelliccia, da sfoggiare come status symbol e oggetti di lusso.
E’ intollerabile che degli animali vengano uccisi e scuoiati in nome di eleganza e lusso, concetti arbitrari ed effimeri; la pellicceria è un settore in declino e la moda, invece di promuoverlo, deve puntare su materiali ecologici, anche pelli riciclate.
Già dal 2001, il Comitato scientifico della Commissione europea ha denunciato gli allevamenti finalizzati alla produzione di pellicce come lesivi del benessere animale. Ad oggi nel Vecchio Continente sono stati compiuti passi importanti, col nostro Paese che ha svolto spesso il ruolo guida, come nel caso del bando delle pelli di cani e gatti, e delle foche, risalenti al 2009.
La situazione resta però drammatica. In tutto il mondo almeno 70 milioni di animali (visoni, castori, lontre, procioni, ermellini, zibellini, volpi ecc.) vengono allevati per le loro pellicce, senza contare i circa 10 milioni che ogni anno vengono catturati. In Italia sopravvivono una ventina di allevamenti di visoni con oltre 200mila esemplari.
Questi animali semiacquatici, che hanno abitudini solitarie e possono nuotare sott’acqua fino a 30 metri, negli allevamenti intensivi sono ammassati in sovrannumero in gabbie troppo strette, finendo per sviluppare comportamenti stereotipati e autolesionisti. Terribile la loro fine, che avviene tramite soffocamento in speciali camere a gas, tra dolori atroci. Un orrore davvero insopportabile, non giustificabile neppure coi risultati economici, peraltro in declino. Aggravato tra l’altro da un impatto ambientale notevole, ben superiore (da 2 a 28 volte) a quello legato alla produzione di tessuti alternativi (anche sintetici) alle pelli di animali.
Perfino l’Olanda, che era il terzo produttore al mondo di pelli di visone con oltre 200 allevamenti e cinque milioni di capi, ha detto basta a questo mercato di sangue, sancendo la chiusura di tutte le strutture e il divieto di nuove aperture.
Adesso è giunto il nostro momento… non ci sono più scuse.
Ultimo aggiornamento il 25 Luglio 2024 da Rossella Vignoli
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