Aflatossine, cosa sono e quali sono i rischi per la salute
Le aflatossine sono una delle sostanze potenzialmente più cancerogene che possono contaminare gli alimenti che consumiamo. Scopriamo di cosa si tratta e cosa si può fare per non venirne mai a contatto.
Sommario
Cosa sono le aflatossine
Le aflatossine sono micotossine prodotte da specie fungine appartenenti alla classe degli Aspergillus oppure da altre muffe.
Sono altamente tossiche e, oltre ad avere un potere mutageno, sono ritenute essere tra le sostanze più cancerogene esistenti.
La tossicità di queste molecole colpisce soprattutto il fegato, aumentando l’insorgenza di un carcinoma fino a 60 volte.
Dove possiamo trovarle
In condizioni ambientali favorevoli le spore degli Aspergillus germinano e successivamente colonizzano le granaglie, come cereali (da cui possono trasferirsi ai carboidrati derivati, come le farine), legumi, semi oleosi, la frutta secca, oli vegetali grezzi e semi di cacao.
In particolare occorre fare attenzione alla provenienza di alcuni alimenti quali:
- Frutta secca
- Mais
- Arachidi
- Spezie
- Noci
Il fungo che le produce è diffuso soprattutto nelle aree caratterizzate da climi caldi e umidi.
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Aflatossine nel mais
La presenza diffusa di aflatossine nei raccolti di mais merita una particolare attenzione. A livello quantitativo si tratta del primo cereale prodotto in Italia, il 90% del quale è destinato all’allevamento. Pur trattandosi di cibo destinato agli animali, non significa che l’essere umano sia al sicuro.
Tra le molteplici caratteristiche delle aflatossine vi infatti è la capacità di trasmettersi attraverso la catena alimentare: in pratica, se un animale viene nutrito con mangimi a base di cereali contaminati, le micotossine si accumulano nelle sue carni e da queste passano all’uomo attraverso il consumo dell’animale.
Aflatossine nel latte
Risulta più preoccupante il fatto che le aflatossine vengano secrete, in misura proporzionalmente ridotta ma comunque potenzialmente pericolosa nel latte di vacche alimentate con mangimi contaminati. Queste aflatossine possono quindi trasmettersi all’uomo sia attraverso il consumo di latte, sia attraverso il consumo dei suoi derivati, quali yogurt e formaggi.
Ovviamente i controlli sono rigorosi, soprattutto per quelli destinati ai neonati, nei quali i limiti di tolleranza sono estremamente ridotti.
L’Unione Europea nel 2006 ha emanato una direttiva che stabilisce che il limite massimo di aflatossine (chiamate PPT) accettabile nel latte fresco deve essere di 50, cioè 50 parti di PPT ogni trilione di litri di latte.
Perché si sviluppano le aflatossine?
La causa è spesso attribuita alla cattiva conservazione di questi alimenti per cui (anche nelle nostre case) è di notevole importanza rispettare i requisiti minimi di sicurezza. In generale, la produzione di aflatossine sul campo è favorita dalle condizioni di stress a cui è sottoposta la pianta, come alte temperature e umidità, scarsità d’acqua e concimazione inadeguata, rendendola facile preda dell’attacco fungino.
Queste sostanze sono molto pericolose in quanto particolarmente resistenti ai trattamenti, compresi quelli di pastorizzazione e sterilizzazione, che riescono ad inattivarle solo in parte.
La produzione di aflatossine da parte dell’A. flavus risulta particolarmente abbondante in stagioni con temperature superiori e piovosità inferiori alla media. Le condizioni ideali per lo sviluppo dell’aflatossina sono:
- Temperatura compresa tra 15 e 40 °C (optimum 20-25 °C),
- Umidità relativamente elevata superire al 70%,
- pH i cui valori siano compresi tra 4 e 8
- Presenza di ossigeno
Come riconoscere le aflatossine
Le aflatossine non si vedono e non hanno alcun sapore. Le muffe sui cibi non sono indicative della loro presenza. Solo un serio controllo della filiera di coltivazione e produzione consente ai consumatori di essere certi di non correre rischi. L’Unione Europea ha introdotto diverse norme per ridurre al minimo la presenza di aflatossine negli alimenti.
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Come difendersi?
E’ fondamentale fare attenzione ai prodotti importati e utilizzare prodotti e alimenti di qualità, diffidando, laddove possibile, di quelli a basso costo.
In Italia il problema dell’aflatossina è riconducibile principalmente all’importazione di alimenti contaminati provenienti dalle aree tropicali e subtropicali come le arachidi e il mais che trova un largo impiego nell’alimentazione animale. Soprattutto paesi come Turchia, Cina e India sono stati segnalati a forte rischio contaminazione.
In casa, per evitare possibili insorgenze possiamo adottare alcuni semplici accorgimenti:
- conservare sempre gli alimenti lontano dall’umidità,
- evitare i sacchetti di plastica (es. pane in cassetta)
- ridurre al minimo la presenza di ossigeno nei contenitori
- rispettare le date di scadenza e le modalità di conservazione di frutta secca,noci e spezie.
Rischi per la salute
L’impatto dell’aflatossina sulla salute umana può risultare seriamente dannoso e provocare eventi di tossicità acuta sia a breve che a lungo termine.
Effetti a breve termine
Essi si verificano subito dopo l’ingestione di aflatossine e possono provocare:
- Distruzione delle cellule epatiche e aumento del volume epatico
- Emorragie intestinali
- Inappetenza, apatia e febbre alta
- Problemi renali
- Anemia
- Edema polmonare
Effetti a lungo termine
Gli effetti a lungo termine, o cronici, sono legati al tempo di esposizione del soggetto alle aflatossine.
L’azione a lungo termine è genotossica e cancerogena, provocando un alterazione del DNA e favorendo l’insorgenza di tumori,in particolare al fegato. Oltre che a livello epatico queste sostanze agiscono negativamente sul sistema immunitario e favoriscono la comparsa di tumori anche in sedi extraepatiche (cistifellea, colon, ghiandole salivari, polmoni, rene, stomaco).
Sono inoltre estremamente rischiose sia per gli animali che per gli esseri umani in gravidanza poiché possono provocare malformazione nel feto e difetti anche letali.
Come eliminare le aflatossine
Non essendo possibile eliminare in natura le aflatossine, l’unica cosa che possiamo fare è limitarne al massimo il consumo, quindi dobbiamo controllare il quantitativo presente negli alimenti.
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Ultimo aggiornamento il 20 Agosto 2018 da Rossella Vignoli
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