Tutto sull’ailanto, noto anche come albero del paradiso
Considerato sia infestante che ornamentale, è caratterizzato dal cattivo odore delle foglie
L’ailanto, noto anche come albero del paradiso, è una pianta caducifoglia ad alto fusto presente in quasi tutte le città, i parchi e i viali alberati della nostra penisola, pur non essendo una specie mediterranea.
E’ molto apprezzato per popolare giardini frondosi o macchie verdi urbane.
Per il suo portamento, lo sviluppo repentino e la rapidità di diffusione, questa pianta è considerata sia un’infestante che un’essenza ornamentale, scopriamolo insieme cominciando dall’origine del nome.
Sommario
Perchè si chiama albero del paradiso
Come anticipato l’ailanto è conosciuto come ‘albero del paradiso’ per la capacità del fusto di crescere fino a raggiungere altezze davvero elevate.
Una denominazione che evoca suggestioni diametralmente opposte ai soprannomi con cui questa pianta è nota nei suoi paesi di origine.
In Cina, è chiamato anche chouchun, che significa letteralmente ‘albero puzzolente’. In America , invece, è noto come “albero dell’inferno”, sempre per via del cattivo odore che emanano le foglie.
Di certo, la fama di questa pianta è legata anche alle sue proprietà benefiche note, in Oriente, fin dalla notte dei tempi e sfruttate dalla medicina tradizionale cinese. Conosciamolo meglio e scopriamo tutto quel che c’è da sapere sull’ailanto.
Che pianta è l’ailanto: origine
Si tratta di una pianta decidua appartenente alla famiglia delle simaroubaceae, la stessa a cui appartengono diverse piante di origine tropicale. Fu importato per la prima volta in Europa dalla Cina nel 1740 ed è stato naturalizzato nel nostro paese e in tutto il resto dell’Europa, negli Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda.
Il suo nome botanico è Ailanthus altssima in riferimento alle incredibili dimensioni che raggiunge durante lo sviluppo vegetativo. Corteccia, foglie, rami e radici presentano una spiacevole caratteristica: l’inconfondibile puzzo di “noccioline marce”.
Ne esistono, pertanto, diverse varietà, ognuna con peculiarità legate al clima e alle zone di diffusione. L’ailanto italiano, ad esempio, ama il clima temperato.
Predilige le esposizioni in pieno sole e mal sopporta le zone ombreggiate. Nel corso della sua vita, è capace di raggiungere altezze davvero notevoli: si sviluppa fino a 15-27 metri in 25 anni per 1 metro di diametro del fusto. Alcuni esemplari arrivano a 30 metri di altezza.
Molto alto e imponente, eppure poco longevo. La vita media di questo albero, in genere, non supera i 50 anni. In compenso si diffonde con estrema facilità grazie ai polloni che è in grado di produrre e che consentono alla pianta di moltiplicarsi anche a distanza di anni.
La presenza massiccia dell’ailanto nelle nostre città, si deve alla sua capacità di assorbire le sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera attraverso la lamina fogliare.
In pratica, è una pianta disinquinante per eccellenza, resiste alle polveri sottili, ai vapori di cemento, di catrame e di carbone e trattiene nei suoi tessuti grandi quantità di mercurio.
Per tutte queste ragioni, l’ailanto è usato per ripopolare le aree contaminate o i suoli sottoposti a drenaggi acidi.
Descrizione botanica dell’albero del paradiso
Alto, forte e robusto (e sgradevole all’olfatto) sono gli aggettivi che meglio lo descrivono.
La chioma è frondosa, flessibile, folta, di colore verde intenso e brillante. Il fusto è eretto, ricoperto da una liscia corteccia grigiastra che diventa più rugosa e scura col passare degli anni. Le radici sono rizomatose e possenti, capaci di scavare per metri e metri in profondità anche nei terreni più duri e difficili.
Il fogliame è una delle migliori caratteristiche identificative di questa specie. Le foglie sono composte e pennate, con una lunghezza che varia da 30 a 80 cm (e talvolta anche di più).
Coltivata come una delle piante ornamentali, sempre meglio tenerla lontano da fabbricati e strutture e sottoporla a drastiche potature in grado di contenerne lo sviluppo.
Non ha bisogno di annaffiature, ma si accontenta delle acqua pluviali e si adatta bene a qualsiasi tipo di terreno. Gradisce esposizioni in pieno sole e climi miti, ma resiste bene sia alla siccità prolungata che al freddo invernale.
Come detto, si tratta di un albero deciduo, classificato dal punto di vista botanico come dioico. Ciò vuol dire che le infiorescenze maschili e quelle femminili si sviluppano su alberi diversi. Più esattamente, gli organi sessuali riproduttivi della specie (stami e pistilli) si trovano su alberi distinti.
Quindi, per far sì che la pianta si riproduca, è indispensabile la presenza di una pianta-maschio che finga da impollinatrice, in grado cioè di produrre polline.
Il fiore: in che periodo fiorisce?
Il fiore di questa pianta è generalmente piccolo, raggruppato in grandi infiorescenze a pannocchie che possono raggiungere anche i 50 centimetri di lunghezza.
Il colore spazia dalle tonalità del verde giallognolo al rosso, bianchi e ricoperti di una sottile peluria all’interno. Ogni fiore presenta 5 petali racchiusi nella classifica forma a tazza.
La fioritura avviene in giugno e si protrae per buona parte dell’estate, subito dopo l’acacia e in contemporanea al tiglio.
I frutti
I frutti sono riuniti in gruppi, come le infiorescenze. Si tratta di samare lanceolate di colore verdognolo che vira verso una colorazione brunastra-rossiccia a maturazione completa. Persistono sui rami per tutti i mesi invernali.
Dove è più diffuso
In Europa, cresce spontaneamente davvero ovunque, specie in foreste e boschi a clima temperato dove fa concorrenza a castagni, ma anche a conifere e altre essenze arboree ad alto fusto. La sua diffusione alle nostre latitudini è nota sopratutto nelle foreste della Svizzera meridionale, ma anche al Sud e al Nord delle Alpi, nelle aree interne e negli ambienti antropizzati.
A cosa serve l’ailanto: proprietà e benefici
Le parti vegetali più tenere della pianta rappresentano un ottimo nutrimento per i bachi da seta. Anticamente, in Cina, era utilizzato per le proprietà benefiche racchiuse nei suoi estratti.
Si pensa che già a partire dal 684 dC in Oriente questa pianta venisse usata nella medicina tradizionale cinese per preparare impacchi e unguenti miracolosi per la cura di tantissime affezioni cutanee, ascessi, dermatiti e perfino per contrastare alcuni disturbi psichici.
Foglie e corteccia erano gli ingredienti-base di un antico rimedio per combattere le calvizie e rigenerare il cuoio capelluto stimolando la micro-circolazione nei tessuti.
La corteccia, in particolare, ha proprietà astringenti, stimolanti e anti-diarroiche. I suoi principi attivi sono utilizzati anche per alleviare i sintomi dell’influenza e delle malattie da raffreddamento.
Sempre in riferimento alle azioni benefiche che è in grado di promuovere nell’organismo, all’ailanto sono attribuite proprietà:
- antimalariche
- astringenti
- disinfettanti
- antinfiammatorie
- antibiotiche
- antiossidanti
Tra gli usi curativi più comuni, c’è una tintura madre a base di corteccia utilizzata con successo nella cura di palpitazioni, asma ed epilessia.
Altri usi dell’ailanto
La sua diffusione la si deve ad una tradizione orientale molto antica e affascinante: l’allevamento di un particolare baco da seta, ghiotto della corteccia giovane di questo albero.
È apprezzato anche per la produzione di legno, dato che cresce in breve tempo e si moltiplica facilmente, ma la sua coltivazione è legata sopratutto alla produzione di un ottimo miele.
Oltre alla funzione ornamentale, è sfruttato come pianta che favorisce il consolidamento naturale dei dirupi o dei terreni scoscesi.
Come legno nella produzione di mobili
Il legno di questo albero è di colore giallognolo-rossastro,duro, elastico, a fibra dritta e perciò facilmente lavorabile.
Resiste bene agli sbalzi termici, all’umidità e all’attacco dei tarli, ma col il passare del tempo tende a sgretolarsi e torcersi.
Per molti aspetti ricorda la compattezza del legno del bosso. Il suo impiego a livello industriale consiste sopratutto nella produzione di strutture e ossature di mobili, ebanisteria, attrezzi e strumenti. Viene anche usato nell’industria cartaria.
Il miele di ailanto
A dispetto della sua fama di albero puzzolente, da giugno in avanti le api gradiscono molto posarsi sui fiori di ailanto dai quali si ottiene un miele dal profumo inebriante e fruttato.
I sentori zuccherini di questo prodotto ricordano molto il fico e l’uva moscata.
Il sapore è sicuramente forte e deciso, perfetto per dare carattere a macedonie, dessert e gelati a base di frutta fresca. Il colore è ambrato, chiaro e cristallino.
Il miele di ailanto è difficilmente acquistabile puro. Lo si trova molto più facilmente addizionato nel millefiori.
Come eliminare la pianta di ailanto: è infestante?
Come accennato, la diffusione in Europa di questa pianta è legata a doppio filo alla sua reputazione controversa.
Da una parte è utile per favorire la ri-vegetazione dei terreni incolti o inquinati, o come piante ornamentale per abbellire parchi, viali e giardini. Dall’altra l’ailanto è considerata una vera e propria specie infestante, molto difficile da eradicare.
Ciò si palesa nella sua straordinaria capacità di adattamento anche alle condizioni più difficili e agli ambienti più ostili. Si sviluppa negli interstizi delle costruzioni, tra le macerie, nelle crepe dei muri e le radici poderose possono mettere a rischio la stabilità delle strutture.
La sua capacità riproduttiva, inoltre, è davvero impressionante essendo una pianta in grado di moltiplicarsi di seme in seme o per polloni in modo del tutto incontrollato e repentino.
Come se tutto ciò non bastasse, l’albero produce una sostanza chimica allelopatica che rende infertile il terreno circostante. Si tratta dell’ailanthone, un componente chimico che inibisce lo sviluppo di altre specie vegetali, comprese molte piante infestanti.
Ailanto e ambrosia
Assieme all’amborsia e al senecio, è considerata la pianta più infestante d’Italia, nonchè ‘la specie invasiva con il più alto potenziale distruttivo del patrimonio archeologico’.
La sua invasività difficile da controllare dipende dai tantissimi semi, che la pianta produce annualmente, fino a 250 mila ad esemplare.
Controindicazioni e tossicità dell’ailanto
Nonostante siano tante e preziosissime le sue proprietà benefiche, è anche una delle piante velenose e urticanti per l’uomo.
La sua tossicità deriva dalle numerose sostanze presenti in foglie, frutti e corteccia (saponine, aliantine, quassine, ecc) e anche il semplice contatto può causare eruzioni cutanee, manifestazioni di tipo allergico, asma, tachicardia e palpitazioni.
Per questo motivo è assolutamente sconsigliato il fai-da-te nei rimedi naturali. Meglio rivolgersi sempre ad uno specialista o al proprio medico di base che prescriverà il trattamento più adatto. In genere, proprio a causa degli effetti indesiderati che ne possono derivare, il consumo degli estratti di ailanto non dovrebbe superare i 10 grammi al giorno.
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Ultimo aggiornamento il 20 Ottobre 2022 da Rossella Vignoli
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