Spesa biologica

Aumentano le contraffazioni alimentari negli USA: Parmesan al posto del Parmigiano

Il caso arriva nel Parlamento europeo

Quando si parla di contraffazioni alimentari negli USA, in genere ci viene subito in mente la Cina. Del resto, le notizie di cronaca che vedono protagonista il paese della Grande Muraglia sono tante. E l‘indignazione non riguarda solo il danno arrecato ai marchi italiani (soprattutto le griffe legate al mondo dell’abbigliamento), ma anche lo sfruttamento dei lavoratori.

Aumentano le contraffazioni alimentari negli USA: Parmesan al posto del Parmigiano

Eppure, le contraffazioni ai danni del made in Italy si sta consumando anche negli Stati Uniti. Infatti, negli States agli americani viene propinato il formaggio Parmesan, spacciato per il nostro pregiato Parmigiano Reggiano. Si tratta di un formaggio che richiama in tutto e per tutto il mitico formaggio prodotto in Emilia, soprattutto graficamente. A denunciarlo ora è anche una ricerca curata da Aicod, che ha ripreso una denuncia già fatta dal Consorzio del Parmigiano Reggiano presso il Parlamento Europeo.

Parliamo di numeri eclatanti. Ben 100mila tonnellate di prodotto americano, ossia più di 10 volte lo stesso volume delle importazioni di Parmigiano Reggiano originale dall’Italia. Altro fatto non trascurabile è la percezione che i consumatori americani hanno verso questo Parmesan, considerato “italiano” da 4 americani su 10. Cifra che arriva quasi a 7 su 10 quando sulle confezioni c’è scritto “italian sounding”, con tanto di bandiera tricolore o immagini che rievocano monumenti e opere d’arte italiane.

Negli Usa la produzione annuale di imitazioni dei formaggi italiani arriva a superare gli oltre 2 miliardi di kg, conoscendo una crescita esponenziale nell’ultimo trentennio. Si pensi, inoltre, che il Parmesan ed altre tipologie di formaggi finto-italiani hanno superato la produzione degli stessi formaggi americani, quali Cheddar, Colby, Monterrey e Jack. Evidentemente, gli americani gradiscono di più il formaggio italiano. Peccato però che non sia realmente quello.

Ma attenzione. La falsificazione del parmigiano reggiano non è l’unica, sebbene sia tra i prodotti maggiormente falsificati dell’area UE. Raggiungendo i 144 milioni di chili, circa la metà di quello originale realizzata in Italia. E gli Usa non sono gli unici falsificatori. Seguono a ruota Australia e Sud America. Quanto ai mercati, oltre a questi paesi produttori, i falsi hanno raggiunto ancor prima degli originali il mercato europeo e i Paesi emergenti. Questa agropirateria internazionale ai danni del Made in Italy fattura 60 miliardi di euro nel mondo. Con in testa come detto gli Usa, con sedi in Wisconsin o in California.

Ma cosa rende il parmigiano reggiano unico e inimitabile? Lo ha stabilito lo FDA, Food and Drug Administration, già nel 1950. Questo tipo di formaggio presenta una superficie granulosa, il 32% di umidità, una scorza dura e una mollica solida ma al contempo fragile che può staccarsi facilmente. Il latte deve essere di un determinato modo, con un certo quantitativo di grassi e proteine. Importante poi che abbia un determinato contenuto di sale. Infine, deve essere stagionato per un periodo lungo. Dunque, tutte caratteristiche che lo distinguono dal cheddar, dalla mozzarella, dal formaggio svizzero, ecc. Che costano anche molto di meno.

Nel 2010 la FDA aveva già mandato un primo avviso a 17 aziende falsificatrici del parmigiano e del formaggio romano, intimando di inserire sul prodotto etichette chiare che specifichino che quel formaggio sia fatto diversamente. Il provvedimento ha anche portato al fallimento di un’azienda falsificatrice, la Castle Inc., mentre il suo presidente, Michelle Myrter, dovrebbe essere condannata per reati penali e risarcire il Consorzio del Parmigiano Reggiano. Il suo avvocato però, Stephen Stallings, ha affermato però che il problema riguarda solo la denominazione del prodotto, non la sua qualità. Giacché quei prodotti non sono pericolosi per chi li ingerisce.

Ma siamo solo a una punta dell’iceberg. Bloomberg News, ha testato del parmigiano acquistato in vari negozi sparsi per gli USA, scoprendo che altre marche che si spacciano al 100% come parmigiano reggiano, in realtà non lo era. Un elemento che funge da cartina di tornasole è la cellulosa utilizzata nel formaggio, un additivo approvato. Nel parmigiano originale esso si ferma intorno al 2%. I falsarsi, invece, vanno ben oltre. Inserendolo quattro volte in più (tra l’8,8% e il 7,8%).

Le falsificazioni non riguardano tanto i formaggi venduti per intero, quanto quello grattugiato. Addirittura, nel 2014, un alto dirigente dell’industria casearia ha confessato al Milwaukee Journal Sentinel che alcuni parmigiani falsi venduti contengono il 20% o più di cellulosa. Quest’ultima prende lo spazio alle proteine. Il tutto per risparmiare ovviamente sui costi di produzione, proponendo prodotti meno raffinati.

Un problema simile riguarda l’olio di oliva, sostituito sovente da molti marchi con la soia o altri semi. E qui purtroppo il monitoraggio non è incisivo come quello per il formaggio, dato che le risorse, per stessa ammissione del FDA, sono troppo limitate.

Ultimo aggiornamento il 17 Giugno 2024 da Rossella Vignoli

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Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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