Ambiente

Antibiotici in pesce e carne da allevamenti intensivi

Qual è l'impatto sulla salute di questo modo di allevare gli animali per i consumo umano

Sempre più presenti gli antibiotici in pesce e carne da allevamenti intensivi, meglio esserne sempre consapevoli. Questo modello di allevamento rappresenta un modo economico per soddisfare la crescente domanda di carne e latticini. Ma ha un altissimo impatto sull’ambiente, sul benessere animale e sulla salute pubblica e solleva importanti questioni etiche e ambientali. Ma è possibile promuovere alternative più sostenibili e consapevoli può contribuire a ridurre questi effetti negativi?

Antibiotici in pesce e carne da allevamenti intensivi

Cosa sono gli allevamenti intensivi di mucche, polli, maiali e pesci

Gli allevamenti intensivi sono strutture industriali dedicate alla produzione su larga scala di carne, uova, latte o derivati, dove gli animali vengono allevati in spazi ristretti e in condizioni standardizzate per massimizzare la produttività.

L’obiettivo principale di questo tipo di allevamento è ottenere la massima resa economica nel minor tempo possibile, riducendo i costi legati a spazio, cibo e gestione.

In questi allevamenti, gli animali sono spesso allevate in ambienti chiusi o in spazi molto limitati, con un numero elevato di capi per metro quadrato.

Le loro condizioni di vita sono regolate per ottimizzare i processi produttivi, il che può comportare problematiche legate al benessere animale, alla salute pubblica e all’ambiente.

Caratteristiche principali degli allevamenti intensivi

Le caratteristiche di questo tipo di allevamento sono poi anche i difetti e gli aspetti negativi:

    • Spazi ristretti e densità elevata: spazi ristretti e densità elevata: gli animali sono spesso tenuti in stalle, recinti o vasche affollate, con poco spazio per muoversi. In alcuni casi, non hanno accesso a pascoli o spazi aperti.
    • Alimentazione standardizzata: composta principalmente da mangimi industriali a base di cereali e soia, spesso arricchiti con vitamine e proteine per favorire un rapido aumento di peso o una maggiore produzione di latte.
    • Cicli produttivi accelerati: e mucche da latte, ad esempio, sono sottoposte a mungiture frequenti e a cicli riproduttivi intensivi per garantire una produzione continua, così come le scrofe sono sempre incinta, e i polli sono sottoposti a selezione sulla base del sesso, se maschi avviati all’eliminazione, perché non produttivi, i pesci hanno un ciclo di vita più corto crescono più in fretta. Questo stress produttivo può ridurre la loro aspettativa di vita rispetto agli animali allevati in modo estensivo.
    • Uso di farmaci e antibiotici: per prevenire malattie legate alle condizioni di sovraffollamento, vengono spesso utilizzati antibiotici in modo preventivo, il che può contribuire alla resistenza antibiotica.
    • Impatto ambientale significativo: questi allevamenti producono grandi quantità di gas serra (come il metano derivante dalle deiezioni delle mucche), oltre a generare inquinamento del suolo e delle falde acquifere a causa dei liquami e dei fertilizzanti chimici.

Perché si usano gli antibiotici negli allevamenti intensivi

Una delle questioni più dibattute è quella della salute umana. Questi allevamenti industriali fanno un uso massiccio di antibiotici, somministrati non solo per trattare eventuali malattie, ma anche in via preventiva, a causa delle condizioni di sovraffollamento che favoriscono la diffusione di infezioni.

La pratica ha un effetto collaterale estremamente preoccupante: contribuisce allo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici, un fenomeno che rappresenta una minaccia crescente per la salute globale. Inoltre, la densità degli animali aumenta il rischio di trasmissione di malattie zoonotiche, quelle che possono passare dagli animali all’uomo, come abbiamo tristemente visto con recenti pandemie. Vediamo più da vicino il problema.

Antibiotici in pesce e carne da allevamenti intensivi

La necessità di soddisfare questa domanda ha indotto il sistema produttivo meccanizzando la vita di polli, conigli, pecore, maiali e mucche, e le condizioni di vita sono diventate altamente stressanti per questi animali, sottoposti a situazioni innaturali che li vogliono come macchine per la produzione di carne, latte, uova, ridotti spazi: luce artificiale 24 h su 24, alimentazione coatta e altre forme di maltrattamento).

Ed è proprio a causa dello stress costante, degli spazi ristretti che facilitano le possibilità di contagio, gli animali tendono ad indebolirsi e ammalarsi facilmente. Questo è il motivo per cui, senza averne spesso consapevolezza, chi consuma carni e pesci provenienti da allevamenti intensivi, può ingerire anche gli antibiotici con cui i capi vengono trattati.

L’utilizzo anche di piccole dosi di farmaci sugli animali da allevamento può contribuire allo sviluppo di ceppi batterici sempre più resistenti alle cure nell’uomo.

Tra i batteri divenuti più difficili da combattere, ad esempio figura un ceppo del temibile Escherichia Coli, in grado di provocare colite emorragica e insufficienza renale.

Di fatto, se si continua a sostenere una tale richiesta di proteine animali, non sarà facile contrastare questa tendenza nell’impiego di farmaci per animali provenienti da allevamenti intensivi.

Solo una riduzione drastica dei consumi e un maggior bilanciamento delle diete a favore delle proteine vegetali potrà portare con sé un’inversione di tendenza. Del resto saranno scongiurate anche tutte quelle patologie derivanti dall’assunzione massiccia di proteine animali a cui abbiamo già accennato in altre occasioni.

Gli altri problemi degli allevamenti intensivi

Con il loro approccio industriale alla produzione di carne e latte, sollevano numerose problematiche che riguardano non solo il benessere degli animali, ma anche l’ambiente e la qualità dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole.

Il benessere animale degli allevamenti intensivi è inesistente

Uno dei temi più discussi è il trattamento riservato agli animali. Nei sistemi intensivi, le mucche vivono spesso in spazi estremamente ristretti, dove non possono muoversi liberamente, pascolare o esprimere comportamenti naturali.

Questa privazione ha conseguenze dirette sul loro stato psicofisico, causando stress cronico, problemi di salute e una qualità della vita decisamente compromessa. La mancanza di interazioni sociali e di libertà di movimento trasforma la loro esistenza in un ciclo limitato esclusivamente alla produzione.

L’impatto ambientale dell’allevamento è elevato

Dal punto di vista ambientale, gli allevamenti intensivi rappresentano una delle maggiori sfide globali. Le mucche producono grandi quantità di metano, un potente gas serra che contribuisce in modo significativo al cambiamento climatico.

Ma non è solo una questione di gas: i rifiuti organici generati dagli animali, se non gestiti correttamente, possono filtrare nel suolo e contaminare le falde acquifere, con gravi conseguenze per gli ecosistemi locali. Il problema non si limita quindi alle emissioni, ma si estende anche all’inquinamento del terreno e delle acque.

Il problema della qualità dei prodotti

Infine, c’è il tema della qualità di ciò che consumiamo. La carne e il latte provenienti dagli allevamenti intensivi tendono ad avere una qualità nutrizionale inferiore rispetto a quelli prodotti in sistemi più naturali, come gli allevamenti estensivi.

Qui, gli animali si nutrono di erba fresca e vivono in condizioni più vicine al loro habitat naturale, influenzando positivamente la composizione degli alimenti. Negli allevamenti intensivi, al contrario, l’alimentazione standardizzata e le condizioni di vita stressanti si riflettono sulla qualità del prodotto finale.

Allevamenti intensivi: un modello da ripensare

Gli allevamenti intensivi, pur rispondendo alla domanda di cibo su larga scala, portano con sé una serie di problematiche che non possono essere ignorate. Dal benessere degli animali alla salute del pianeta, passando per la sicurezza alimentare e la salute pubblica, questo modello di produzione industriale solleva interrogativi importanti.

Ripensare il modo in cui produciamo e consumiamo carne e latte è una sfida urgente, che richiede un cambiamento verso sistemi più sostenibili, etici e rispettosi sia degli animali che dell’ambiente.

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Ultimo aggiornamento il 4 Marzo 2025 da Rossella Vignoli

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Erika Facciolla

Giornalista pubblicista e web editor free lance. Nata nel 1980, si trasferisce a Bologna dove si laurea in Scienze della Comunicazione. Dal 2005 è pubblicista e cura una serie di collaborazioni con redazioni locali, uffici stampa e agenzie editoriali. Nel 2011 approda alla redazione di tuttogreen.it per occuparsi di bellezza e cosmetica naturale, fonti rinnovabili e medicine dolci.

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