Architettura archibiotica: tutti i vantaggi per l’ambiente
Scopriamo insieme che cos’è l’architettura archibiotica e i benefici che può avere sull’ambiente.
I disastri ambientali e l’inquinamento che l’attività umana ha causato negli ultimi decenni rappresentano ciò che gli esperti oggi chiamano ‘crisi ecologica globale’, definizione che descrive perfettamente la situazione di estrema emergenza in cui versa il nostro Pianeta, e con esso, tutti i suoi abitanti. Se da una parte, infatti, l’attività economica e industriale sta mettendo a dura prova gli equilibri di interi ecosistemi terrestri e marittimi, dall’altra si registra un incremento costante della popolazione mondiale che si traduce in una crescente richiesta di risorse alimentari e idriche e in un progressivo congestionamento degli spazi urbani.
I risultati più tangibili della convergenza di tutti questi fattori sono fin troppo evidenti: megalopoli al collasso, difficoltà nella gestione di una quantità sempre maggiore di rifiuti, aumento delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, distruzione degli ecosistemi, esaurimento delle risorse energetiche e naturali.
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Per far fronte a queste emergenze molti esperti, architetti e urbanisti stanno tentando di sviluppare un nuovo modo di progettare città, abitazioni e spazi urbani attraverso l’insieme delle tecniche e degli strumenti definiti con il nome di architettura archibiotica.
L’obiettivo principale dell’architettura archibiotica è quello di ri-naturalizzare le nostre città per dar vita alla polis del domani, ovvero rinverdire gli spazi urbani più degradati, proteggere o ripristinare la biodiversità e contribuire alla salvaguardia ambientale con progetti architettonici eco-sostenibili e multidisciplinari. Tale modello punta a ridurre l’impronta umana sotto ogni punto di vista e saldare il debito ecologico che l’uomo ha contratto nei confronti di una natura ormai al collasso.
Tra i pionieri dell’architettura archibiotica spicca Vincent Callebaut, architetto e designer di origini belga che ha dedicato gli ultimi anni della sua attività alla costruzione di una ipotetica ‘città del futuro’. Già noto per le sue visioni avanguardistiche, Callebaut vuole ridefinire la città cinese di Kumming, uno dei posti più inquinanti e invivibili del Mondo. Mirabolanti progetti architettonici e paesaggistici puntano a trasformare questo luogo in una specie di paradiso terreste ‘high-tech’, dove l’architettura non è a servizio dell’uomo ma dell’ambiente e dove la progettazione di spazi di vita per gli esseri umani diventa ricerca di nuove soluzioni, naturali e artificiali, che favoriscano lo sviluppo della biodiversità.
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Il progettista belga ha così creato il concetto di architettura archibiotica, un modo di progettare su due livelli che si compenetrano fino ad assimilarsi: da un lato, organizzare la gestione di spazi complessi e multifunzionali; dall’altra creare degli ecosistemi integrati dove troveranno posto comunità non semplicemente umane ma biologiche (di essere viventi) e dove le risorse che si produrranno saranno maggiori di quelle che verranno consumate.
In una parola, arch+bio+ict, cioè, architettura+vita+tecnologie informatiche e comunicative: il fine ultimo dell’architettura archibiotica, sintesi dei principi stessi a cui essa s’ispira.
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Il risultato è un’ architettura fluida, flessibile, in continuo divenire – o se vogliamo – instabile, che punta ad un riequilibrio continuo delle forze naturali e umane. E l’unico modo per rendere tangibile un progetto architettonico di questo tipoè aprirsi ad una visione ‘interdisciplinare’ della materia, dove è la combinazione dei diversi modelli – ingegneristici, naturalistici e architettonici – a dar vita a quel particolare ‘ecosistema urbano’ che l’architettura archibiotica vuole realizzare.
Ultimo aggiornamento il 29 Gennaio 2024 da Rossella Vignoli
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