Artico sempre più inquinato
L’Artico è sempre più inquinato. Da un lato deve affrontare il suo snaturamento per la costante diminuzione dei ghiacciai, dall’altro deve fare i conti con la continua minaccia del fracking e dall’altro ancora deve convivere con l’alta concentrazione d’inquinamento.
Rispetto al resto della Terra, nelle regioni artiche si registra un andamento anomalo per due motivi principali: il primo è che in questa zona il riscaldamento globale raggiunge un valore medio doppio in confronto alle altre zone del pianeta; il secondo è dato dalla tipica circolazione atmosferica presente nella zona che crea un accumulo di agenti inquinanti, provenienti anche da altre latitudini (i quali dopo aver inquinato l’aria, vanno a contaminare il suolo e le acque, entrando così prima nella catena alimentare animale, poi in quella dell’uomo).
Per tutte queste ragioni, l’UE ha sostenuto il Progetto ArcRisk – condotto da 21 istituzioni di 12 nazioni diverse – per indagare sulla preoccupante situazione in cui si sta trovando attualmente la zona polare, mettendo in relazione il rapporto fra la salute umana, i cambiamenti climatici e l’inquinamento presente nella zona artica.
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I risultati del progetto sono stati presentati alla conferenza Arctic Frontiers 2014, dove più di 1.000 rappresentanti di 25 nazioni hanno affrontato il tema degli impatti ambientali sulla salute umana.
I dati scientifici, consultabili su www.arcrisk.eu, derivano da cinque anni di ricerche e rivelano una situazione piuttosto allarmante: l’artico è sempre più inquinato e, nell’organismo delle popolazioni dei giovani abitanti, la presenza di sostanze inquinanti derivanti da scarichi industriali (fra cui il Pcb – policlorobifenile) è aumentata del 50%, mentre quella proveniente da attività agricole (come pesticidi e diossine) è cresciuta del 10%.
«Gli effetti sulla salute umana causati dalle sostanze inquinanti sono vari e ben conosciuti» spiega la coordinatrice del progetto Janet F. Pawlak «influenzano negativamente la riproduzione, creando difficoltà nell’età dello sviluppo, predisponendo a formazioni tumorali, oltre a causare disturbi del comportamento e problemi endocrini».
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Le popolazioni locali sono le prime a essere colpite, ma il problema vale anche per gli altri paesi, che non possono considerarsi al sicuro: basta pensare al pesce importato dai paesi nordici.
Secondo i modelli utilizzati dagli scienziati, le concentrazioni delle sostanze inquinanti tenderanno a crescere fino a 4 volte in più nei prossimi anni, anche a causa dei cambiamenti climatici, i quali tendono a modificare parzialmente la chimica dell’atmosfera, aggravandone l’inquinamento.
Fenomeni meteorologici estremi e innalzamento delle temperature sono infatti tra i primi fattori da tenere monitorati, insieme all’altro elemento fondamentale che contribuisce all’alterazione della distribuzione delle sostanze inquinanti, ovvero lo scioglimento dei ghiacci artici perenni (che l’anno scorso hanno raggiunto il record massimo di assotigliamento).
In conclusione, l’inquinamento aggrava i cambiamenti climatici, che a loro volta aumentano l’inquinamento stesso. Ci troviamo davanti a un vero e proprio circolo vizioso che, se non verrà contenuto, avrà inevitabilmente conseguenze sempre peggiori e su larga scala.
Per l’urgenza della questione – riassunta nella frase “Save the Arctic before it’s too late”- Greenpeace si sta attualmente battendo per la creazione di un santuario globale al Polo Nord, attraverso la petizione su www.savethearctic.org.
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Ultimo aggiornamento il 21 Giugno 2024 da Rossella Vignoli
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