Batteria al rabarbaro: un progetto anche Italiano
Una batteria al rabarbaro? Non è uno scherzo, ma un’innovazione brevettata che presto farà il suo debutto sul mercato, vediamo tutti i particolari e anche perché c’è molta Italia dietro a questo progetto.
Il rabarbaro è la bevanda preferita da Trinchetto, il papà del mitico Braccio di ferro. Ma potrebbe esserlo per tantissime altre persone, dopo aver letto questa notizia.
I ricercatori dell’Università di Harvard, in collaborazione con le nostre Università di Tor Vergata e Fondazione Bruno Kessler di Trento, hanno ideato batterie al rabarbaro in grado di immagazzinare l’energia rinnovabile in eccesso a basso costo. Senza utilizzare materiali inquinanti o costosi e rari come il vanadio.
Come è possibile? Vi starete chiedendo. La nuova tecnologia si basa infatti sul chinone, una molecola a base di carbonio che può essere estratta facilmente proprio dalle piante di rabarbaro.
Le cariche elettriche vengono catturate dagli elettroliti contenuti in una soluzione liquida. L’anodo è composto da chinoni diluiti in acido solforico, mentre il catodo sfrutta le proprietà del bromo. La batteria a flusso stocca l’energia in serbatoi chimici.
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Queste particolari batterie al rabarbaro sono state in realtà già presentate dai ricercatori di Harvard nel 2014, ma ora la notizia è che la Green Energy Storage, azienda italiana con sede a Roma, ha acquistato il brevetto dall’ateneo americano. E sta già sviluppando batterie con potenza superiore al kilowatt da commercializzare in tutta Europa.
Obiettivo dell’azienda è di lanciare sul mercato questa batteria al rabarbaro entro il 2017, dapprima per uso domestico, poi per fini industriali. Se ciò avvenisse, famiglie prima e aziende poi ne trarrebbero grandi vantaggi in termini economici e di sostenibilità. Prosit!
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Ultimo aggiornamento il 29 Marzo 2024 da Rossella Vignoli
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