Biodegradabile: che cosa vuol dire e perché è così importante
Mini-guida ai materiali biodegradabili e come smaltirli
Biodegradabile, conosciamo tutti questa parola, ma sappiamo cosa vuol dire? Una mini-guida per chiarire il processo naturale, e quali sono i materiali che si possono definire in questo modo.
Sommario
Cosa vuol dire biodegradabile
La Treccani ci dà una definizione semplice ma chiara: un prodotto o un materiale è biodegradabile quando può subire una qualche degradazione biologica.
Si tratta di un termine generico per indicare qualsiasi prodotto (materiale, oggetto, rifiuto) che può essere scomposto dagli organismi viventi in un tempo relativamente breve.
Dunque, un materiale è biodegradabile se, dopo l’uso, può essere scomposto, anzi digerito, naturalmente da organismi viventi, che poi sono dei microrganismi.
La biodegradabilità è uno dei parametri più importanti per caratterizzare l’impatto ambientale di un prodotto biologico. E si misura con due parametri:
- la capacità di essere degradato
- la velocità di digestione del prodotto nell’ambiente biologico
Ad esempio, una foglia morta è biodegradabile al 100% in poche settimane, mentre una bottiglia di plastica impiega circa 4.000 anni per biodegradarsi.
Come funziona il processo di biodegradazione
In genere questo termine è usato in riferimento ai rifiuti organici, come scarti alimentari, vegetali, rifiuti animali…) che possono essere scomposti dai microrganismi presenti nell’ambiente.
Si tratta di un fenomeno naturale che si verifica in tutti gli ecosistemi ed è fondamentale per il mantenimento della vita sulla Terra, poiché consente di riciclare i nutrienti e di produrre nuova materia.
Questo processo si svolge in Natura in due fasi:
- i microrganismi (che possono essere batteri, funghi, alghe) scompongono le molecole organiche presenti nei rifiuti, e le trasformano in composti più semplici.
- i rifiuti intermedi, risultato della prima parte del processo, possono poi essere riciclati da piante e animali o degradati ulteriormente da altri microrganismi, fino alla loro completa trasformazione. Le molecole iniziali diventano così gas (anidride carbonica, anidride solforosa…) e acqua.
Questo processo può essere accelerato dall’azione di alcuni fattori, come la presenza di ossigeno, di calore, di umidità, di luce o di alcuni catalizzatori.
Cosa si intende per materiale biodegradabile
È una sostanza che può essere decomposta da agenti biologici, come batteri, funghi e altri microrganismi, in condizioni naturali.
Il processo lo trasforma in composti più semplici, generalmente anidride carbonica, acqua, metano (in condizioni anaerobiche), e biomasse.
Quali sono le sostanze biodegradabili
I materiali biodegradabili sono spesso contrapposti a quelli non biodegradabili, come la plastica, che possono impiegare centinaia di anni per decomporsi e creano problemi di inquinamento a lungo termine, per questo la ricerca sta mettendo a punto nuovi materiali plastici chiamati bioplastica, che si possono degradare nell’ambiente grazie a microrganismi comuni perché derivati non dal petrolio ma da materie prime organiche e scarti.
Ecco alcuni esempi di materiali biodegradabili:
- Carta
- Cartone
- Cibo e residui di cibo
- Legno
- Tessuti naturali come cotone e lana
- Materie plastiche da fonti biologiche (bioplastiche)
Cosa succede a livello chimico nella biodegradazione
Dal punto di vista chimico, la biodegradazione di un materiale comporta un processo di progressiva semplificazione della sua struttura chimica, che si trasforma in un composto organico.
Questo avviene attraverso un processo di mineralizzazione del carbonio, che si trasforma tutto o parzialmente in anidride carbonica, e con la produzione di metaboliti con un peso molecolare inferiore a quello di partenza, che sono poi disponibili per la sintesi di altri esseri cellulari, ovvero favorisce la crescita di organismi viventi.
La capacità dell’ecosistema di assorbire i prodotti biodegradabili è limitata. Per fare un esempio, in uno specchio d’acqua troppa materia organica degradabile può portare al rischio di eutrofizzazione di questo ambiente limitato, per via dell’accumulo di nitrati generati dall’eccessivo accumulo di materia azotata biodegradabile.
Come capire se un prodotto è biodegradabile
Si può considerare biodegradabile un prodotto o un materiale che abbia:
- Tempo di decomposizione basso: il tempo necessario perché si degradi può variare notevolmente a seconda del tipo di materiale e delle condizioni ambientali (presenza di ossigeno, temperatura, umidità, ecc.), ma per essere considerato biodegradabile deve essere piuttosto breve.
- Condizioni di smaltimento specifiche: alcuni materiali richiedono condizioni specifiche per degradarsi efficacemente, come quelle presenti in un impianto di compostaggio industriale
- Impatto ambientale basso: anche se un materiale è biodegradabile, non significa automaticamente che sia ecologico. Se la sua produzione, il suo uso e infine lo smaltimento hanno impatti ambientali poco significativi, ecco che questo è da considerarsi biodegradabile
- Bioplastiche degradabili: ricordiamo che non tutte le bioplastiche sono biodegradabili in parte o completamente. Alcune sono progettate per essere compostabili, il che significa che si decompongono in un impianto di compostaggio industriale, ma non necessariamente in un ambiente naturale.
Perché un prodotto biodegradabile sia effettivamente sostenibile, dovrebbe essere smaltito correttamente in un ambiente che favorisce la biodegradabilità.
Dove si butta il materiale biodegradabile
I rifiuti organici (chiamati anche ‘umido’) sono biodegradabili, e vanno buttati in appositi sacchetti, nel secchiello traforato marrone. Poi il processo di smaltimento dovrebbe garantirne una decomporsi corretta, restituendo i componenti naturali all’ambiente. Ci sono varie modalità, che possono variare a seconda del Comune e di come è fatta la gestione dei rifiuti. Ecco varie opzioni che potreste trovare:
- Compostaggio domestico. Se avete un giardino, potreste smaltire i rifiuti organici biodegradabili tramite il compostaggio domestico. Sono ammessi solo scarti di cibo (come frutta e verdura), carta non trattata, cartone e altri materiali organici. Questo permette di ridurre i rifiuti e produrre compost per arricchire il suolo del giardino.
- Raccolta comunale dell’umido. Quasi tutte le città e Comuni italiani hanno istituito la raccolta dei rifiuti organici (identificata dal bidone marrone), Possono essere bidoni condominiali, per singolo nucleo familiare o collettivi su strada. Qui i residenti possono gettare i loro materiali biodegradabili, che poi sono trasportati a impianti di compostaggio industriale, dove possono decomporsi in condizioni ottimali.
- Punti di raccolta dei compostabili. In caso raro che non ci sia una raccolta organica organizzata dalla municipalità, si possono portare a dei punti di raccolta specifici, come giardini comunitari o aziende agricole locali che accettano scarti di cibo per il compostaggio.
In linea di massima, i materiali biodegradabili non dovrebbero essere smaltiti con i rifiuti indifferenziati o la plastica e il vetro, poiché in discarica non avranno le condizioni adeguate per decomporsi e possono produrre gas metano.
Come si deve smaltire la bioplastica
I materiali chiamati bioplastiche che sono etichettati come compostabili e dovrebbero essere smaltiti secondo le indicazioni del produttore.
Spesso, però, richiedono condizioni di compostaggio che si trovano solo in impianti di compostaggio industriali. Non dovrebbero essere messe nel compostaggio domestico a meno che non siano chiaramente etichettate come adatte a tale uso.
Perché prodotti biodegradabili sono importanti
Se i materiali di cui sono fatti gli oggetti del nostro quotidiano fossero tutti biodegradabili ci sarebbero notevoli ripercussioni positive sull’ambinete e sull’utilizzo di risorse naturali per produrli.
- riducono la quantità di rifiuti perché si decompongono naturalmente e non devono essere trattati come quelli non biodegradabili.
- meno dannosi per l’ambiente perché non producono gas serra quando si decompongono.
- fonte di energia rinnovabile perché quando si decompongono producono gas naturalmente puliti come l’anidride carbonica e l’acqua.
La capacità di un prodotto o di un materiale di scomporsi naturalmente in composti innocui, che possono essere riutilizzati come fertilizzanti per altre piante, nel ciclo dell’acqua e dei nutrienti. I rifiuti non biodegradabili, invece, devono essere smaltiti in discarica o inceneriti, causando danni all’ambiente.
Biodegradabile e compostabile: differenze
Le differenze tra queste due diciture che spesso si trovano sui vari prodotti sono solo legate al processo di biodegradazione.
Se è naturale, cioè causato dai soli organismi viventi, è un prodotto biodegradabile, ma se è favorito dall’azione dell’uomo, è compostabile, ed ha bisogno di essere smaltito in un impianto di compostaggio, perchè non è possibile in un ambiente naturale.
La biodegradabilità è quindi un processo naturale, a differenza della decomposizione dei rifiuti non biodegradabili, che richiede un’altra fonte di energia (calore, sostanze chimiche).
I rifiuti biodegradabili possono essere trasformati in compost, un prodotto utile per giardinieri e agricoltori. Il compostaggio è il processo naturale di scomposizione dei rifiuti organici in presenza di ossigeno. I microrganismi scompongono i rifiuti organici in acqua, anidride carbonica e humus.
Consente di riciclare i rifiuti organici, trasformandoli in un terriccio utile per la coltivazione, fertilizzante naturale per nutrire vari tipi di piante. Inoltre, riduce le emissioni di gas serra e contribuisce a combattere il riscaldamento globale.
Esiste anche una plastica compostabile, che può essere trasformata in compost in pochi mesi in un processo naturale.
Ultimo aggiornamento il 27 Dicembre 2023 da Rossella Vignoli
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