Capodoglio, foca monaca e delfini, le specie a rischio nel Mediterraneo
Non arrivavo notizie confortanti dall’ultimo rapporto del World Conservation Union, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Molte specie marine del Mediterraneo rischiano seriamente di sparire per sempre. La pesca commerciale al largo delle coste mediterranee, soprattutto nel Sud Italia, in Marocco e in Turchia, sta mietendo vittime tra capodogli, delfini e foche monache, mammiferi marini che rimangono impigliati in reti per tonni e pesce spada.
Eppure le normative internazionali ne vietano l’uso da oltre 10 anni. Strumenti fuorilegge da almeno un decennio, dall’effetto devastante sugli equilibri del Mare Nostrum.
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In pericolo soprattutto le foche monache mediterranee, di cui sopravvivono solo 400 esemplari, diffuse nell’Adriatico, in Spagna e in Grecia, si nutrono di pesci molto comuni nel nostro mare come murene, cernie, dentici, di cui i pescatori proseguono indisturbati la pesca. Secondo lo studio, c’è una probabilità su due che entro il prossimo decennio questo esemplare di foca scompaia del tutto.
Qualche spiraglio in più per il capodoglio, che vive soprattutto nel Mediterraneo occidentale fra Mar Ligure, Mare delle Baleari, Ionio e a Sud di Creta. Considerate le grandi dimensioni (fino a 20 metri di lunghezza), i pericoli non arrivano solo dalle reti ma anche da collisioni con le navi.
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L’azione deleteria dell’uomo pone seri problemi per la permanenza di un altro abituale inquilino, il delfino comune. Una specie che si ritrova ormai senza più prede, in certe aree la pesca senza regole ha tolto dalla scena le sardine. E così i cetacei sono costretti a migrare come nomadi per cercare il loro cibo naturale.
Il problema è sotto gli occhi di tutti ma i Governi dei Paesi coinvolti, che sono quelle che si affacciano sul Mediterraneo. non sembrano in questo momento interessati a risolverli. Manca un’azione di tutela coordinata, manca un’ente gestore che si prenda carico della questione, manca in sostanza una volontà politica comune da parte delle Nazioni coinvolte.
Troppo forti sono gli interessi economici in gioco e così l’ambiente, ancora una volta, passa in secondo piano.
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Ultimo aggiornamento il 11 Giugno 2024 da Rossella Vignoli
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