Com’è Chernobyl 30 anni dopo
Com’è ridotta Chernobyl 30 anni dopo? Il disastro della centrale nucleare ucraina porta ancora delle tracce sul territorio e la salute delle persone nonostante sia passato tanto tempo.
Il 26 aprile di ogni anno ricorre una evento importante: si tratta dell’anniversario dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl 29 anni dopo. La situazione è ancora preoccupante e gli abitanti, soprattutto i bambini, continuano ad ammalarsi. E come se non bastasse, a questo scenario allarmante si somma anche l’insensata costruzione della nuova centrale nucleare di Ostrovets, nel nord della Bielorussia, a soli 55 km dal confine con la Lituania.
Oggi, ironia della sorte, attorno alla centrale dove si consumò la tragedia, è scoppiato un altro incendio (o meglio una serie di incendi) che ha interessato un’area complessiva di 13.300 ettari. Le fiamme sono arrivate a circa 20 km dal sito della centrale.
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Ma a parte questo nuovo disastro, com’è lo stato dell’arte in quell’area?
Le cose non vanno certo bene. La messa in sicurezza della centrale non è ancora stata risolta e sono in essere i lavori di costruzione di un enorme sarcofago che avrebbe dovuto coprire il reattore ormai distrutto, sigillandolo e limitando ulteriori perdite di materiale radioattivo. Un reattore, in pessime condizioni, che è la vera bomba a orologeria da disinnescare.
Attorno alla centrale, in un’area piuttosto ampia, fino a 30 km da Pripyat, la città della centrale, si trovano le quantità maggiori di materiali radioattivi, che hanno contaminato tutto, acqua, suolo, piante. Ancora oggi sono presenti notevoli quantità di sostanze radioattive pericolose come il cesio 137, lo stronzio 90 e il plutonio 239.
Prendiamo il cesio 137: ha un tempo di dimezzamento di circa 30 anni, quindi non possiamo oggi considerare l’area decontaminata, perché ci vogliono dieci cicli di dimezzamento per ottenere questo risultato. Ovvero 300 anni.
Va meglio per lo stronzio 90 (molto pericoloso perché sostituisce il calcio nelle ossa) per il quale occorrono circa 30 anni.
Il plutonio 239 invece è un osso duro, ci vuole un’eternità: 242.000 anni!
Non va meglio per le zone più lontane, situate oltre i 30 km di distanza dal disastro. Boschi e terreni sono fortemente contaminati e ancora oggi interdetti al pubblico. C’è poi da considerare la dispersione irregolare del materiale radioattivo attraverso l’atmosfera, grazie ai venti, e nel terreno; si sa che molti detriti della centrale sono stati seppelliti in quest’area. Tuttavia, non si sa ufficialmente dove.
C’è poi la questione degli agenti atmosferici (soprattutto pioggia e neve) che dilavando il terreno hanno contribuito a disperdere la radioattività in aree ancora più vaste rispetto al sito dell’incidente. Per non parlare degli incendi delle foreste contaminate dalla radioattività. Dopo quello del 2010, si sono trovate tracce di radioattività trasportate nell’aria e ricadute nel suolo, sugli alberi e altre piante perfino in Turchia, 1000 km più a sud. E secondo uno studio condotto proprio dopo quest’incendio, i rischi sono aumentati negli ultimi anni poiché il cambiamento climatico ha aumentato le temperature e favorito la siccità.
La conclusione è che nel caso peggiore il rilascio di radioattività in atmosfera potrebbe equivalere a un incidente di livello 6 della scala INES (International Nuclear Events Scale).
Cosa significa? Basti pensare che sia l’incidente di Chernobyl che quello più recente di Fukushima sono stati collocati al livello 7 della scala INES. A secondo degli scenari, potrebbero essere rilasciati da 0,3 to 4,5 PBq di cesio 137, con un impatto sanitario valutabile tra 20 e 240 casi di tumore e una stima di mortalità tra 10 e 170 casi.
Il dato preoccupante è che dopo quasi trent’anni, la radioattività non è sotto controllo. E ciò implica che quel disastro continuerà a farne altri in futuro. Per chissà quanto tempo ancora…303
Ultimo aggiornamento il 14 Aprile 2017 da Rossella Vignoli
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