La sfida per nutrire il pianeta nei prossimi anni in 5 punti
Per arrivare a nutrire il pianeta negli anni futuri ci aspetta una grande sfida che possiamo vincere solo limitando la deforestazione, aumentando le rese agricole, ottimizzando l’uso delle risorse naturali, cambiando la nostra dieta e riducendo gli sprechi alimentari.
Entro il 2050 la popolazione mondiale avrà superato i 9 miliardi di persone; avete idea di quanto cibo sarà necessario per sfamare tutti e di quali sfide dovremo fronteggiare per nutrire il pianeta?
L’agricoltura, a dispetto di quanto si possa immaginare, causa numerosi danni: mette a rischio la biodiversità e contribuisce al rilascio di gas serra (pensiamo all’anidride carbonica prodotta dalla deforestazione). Gli stessi fertilizzanti inoltre vanno ad inquinare terreni ed acque. La maggiore richiesta di cibo deriva non solo dalla crescita della popolazione, ma anche dal miglioramento del tenore di vita in zone quali l’India e la Cina, da cui arriva un aumento della richiesta di carne e latticini. La sfida più grande sarebbe quella di riuscire a contenere i danni ambientali e contemporaneamente assicurare la crescita della disponibilità di cibo.
Nel settore agricolo si schierano due diverse fazioni: da un lato i sostenitori del biologico, convinti di poter migliorare la resa dei terreni mediante tecniche naturali, dall’altro le moderne aziende agricole che puntano su tecnologie d’avanguardia e di impronta genetica.
In realtà nessuna delle due posizioni riuscirà da sola a risolvere il problema. Così un gruppo di scienziati ha redatto un programma basato su 5 punti nel tentativo di incoraggiare una possibile soluzione.
1. Stop alla deforestazione. In questi anni sono scomparse intere foreste con l’obiettivo unico di offrire terreni disponibili all’agricoltura e all’allevamento. Bisogna escogitare un metodo diverso per procacciarsi il cibo, considerando che la resa di questi terreni non è poi così elevata da poter sfamare tutta la popolazione. Come si può osservare nel grafico, il 46,5% dei terreni incolti è occupato da montagne, deserti, tundra e foreste. Oggi è il 38,6%a essere destinato all’agricoltura (terreni agricoli e terreni adibiti al pascolo), mentre il restante 14,9% è occupato da aree rurali e urbane, miniere, cave, strade, zone soggette a erosione.
2. Modificare le rese agricole. Dagli anni ’60, in Asia e America Latina i terreni hanno notevolmente aumentato la loro resa grazie all’utilizzo di macchinari e fertilizzanti a costo però di numerosi danni ambientali. Sarebbe il caso di puntare su zone differenti, come l’America orientale o l’Africa, dove i terreni incolti potrebbero aumentare la loro produttività utilizzando i metodi dell’agricoltura biologica.
3. Utilizzare le risorse in modo più efficiente. I fertilizzanti sono dannosi per l’ambiente, anche se molti agricoltori si rifanno alle tecniche dell’agricoltura biologica. Utilizzano ad esempio il compost per ridare vigore al terreno, ricorrono all’irrigazione a goccia per non sprecare l’acqua e non usano pesticidi chimici.
4. Modificare la dieta. Solo il 55% dei prodotti agricoli viene destinato all’uomo, il 36% è cibo per il bestiame, il 9% viene convertito in prodotti industriali e biocarburanti. Bisognerebbe escogitare nuovi metodi per nutrire il bestiame e puntare anche a una riduzione del consumo di carne.
5. Ridurre gli sprechi. Circa il 50% del cibo viene cestinato, non solo perché le persone acquistano più di quanto riescono a consumare, ma anche perché nei Paesi poveri buona parte degli alimenti va persa e non arriva mai sul mercato.
Se venissero rispettati tutti questi punti si potrebbe ottenere un miglioramento sostanziale della situazione, ma prima che ciò avvenga è necessario un cambiamento radicale del nostro modo di pensare.
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