10 cose da sapere sull’agricoltura dei prossimi 20 anni
Le anomale e abbondanti precipitazioni del 2014 in Italia ci ricordano che è in corso un cambiamento climatico e purtroppo non si tratta solo di fare i conti con weekend e relative gite fuori porta rovinati dal brutto tempo ma di avere a che fare con danni seri all’agricoltura, a tutte quelle coltivazioni che difficilmente si adattano a oscillazioni tra caldo-freddo e secco-umido così intense; e per questo che abbiamo preparato un vademecum con tutte le cose da sapere sull’agricoltura e sui suoi cambiamento nei prossimi 20 anni.
1) Ridurre le emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. Il fatto che il cambiamento climatico sia ormai un dato di fatto non significa rassegnarsi all’ineluttabile. L’agricoltura moderna è responsabile del 25% di queste emissioni, bisogna quindi agire per migliorare il nostro approccio alla terra, preservando le foreste ma anche evitando di sfruttare eccessivamente le terre già destinate alle coltivazioni, perché cambiare continuamente terreni aumenta il rilascio di CO2. Inoltre bisogna tenere sotto controllo gli allevamenti di bovini, l’impiego di fertilizzanti e le monoculture di riso.
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2) La popolazione mondiale non può crescere alla velocità attuale. Fortunatamente, grazie ad un maggiore accesso all’educazione e ai servizi sanitari, i tassi di fertilità sono scesi rapidamente negli ultimi decenni ma c’è ancora molto lavoro da fare, specialmente nell’Africa Sub-sahariana dove è stimata metà della crescita globale prevista fino al 2050. Più esseri umani significa più richiesta di cibo ed è quindi necessario investire per migliorare le condizioni educative e sanitarie nei paesi più poveri.
3) Sostituire le coltivazioni. Continuare a produrre le stesse varietà del passato anche quando il clima sta cambiando è pericoloso, bisogna indirizzarsi verso quelle piante in grado di sostenere nuove condizioni metereologiche. Così il sorgo sta sostituendo il mais e il grano in alcuni stati. In Messico, il Governo sta cercando varietà di cacao che possano sostituire il caffé, che si prevede sia destinato a soffrire pesantemente già entro il 2025. Programmazione, sostegno tecnico e ricerca di varietà più adatte sono prioritari per tutti i paesi del Mondo.
4) Agricoltura e ricerca hanno bisogno di forti investimenti. La FAO sostiene che nei prossimi anni, per trovare varietà più resilienti e sperimentare quali siano più idonee ai diversi territori, saranno necessari a livello globale 40-50 miliardi di euro all’anno in investimenti, attualmente sono solo 4 miliardi.
5) Piantare alberi nei propri campi può aumentare le rese agricole. Lo afferma la Permacultura e lo sapevano i nostri vecchi contadini, infatti le campagne di una volta erano costellate di alberi, poi l’agricoltura moderna ha lasciato posto solo alle piante che rendevano di più. In Nigeria è stato fatto un esperimento interessante negli ultimi dieci anni: si è provveduto a ripiantare una specie nativa di alberi, la Faidherbia, i cui benefici sono stati molteplici: da aiutare a fissare l’azoto atmosferico nel suolo, a ridurre l’erosione causata da piogge e vento, ad arricchire la materia organica del terreno grazie alle proprie foglie. La comparazione con le culture convenzionali di mais dove non si usano alberi, ha dimostrato che questo sistema misto di bosco e coltivazione ha rese migliori. Paesi come Etiopia, Kenya e Zambia guardano al progetto nigeriano con forte interesse.
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6) I piccolo produttori sono vitali per la sicurezza alimentare. L’agricoltura industriale basata sui carburanti fossili ha premiato chi aveva capitali sufficienti per comprare macchinari e sostanze chimiche, penalizzando fortemente le piccole fattorie. Questo ha comportato l’abbandono delle campagne e un grande pericolo per la sovranità alimentare. La nostra società si basa sulle importazioni e molti Paesi non sono più autosufficienti. Nel Regno Unito, in soli 20 anni, si è passati dall’87% di cibo prodotto all’interno dei confini statali al 68%. Banche, governi, imprese devono prendersi carico dei 500 milioni di coltivatori diretti presenti nel mondo con finanziamenti, garantendo loro l’accesso ai mercati, investendo in formazione e sostenendoli con apposite leggi. L’agricoltura familiare è alla base della sovranità alimentare globale.
7) City farming. Sostenere fattorie vicine alle città e una filiera corta significa avere del cibo coltivato vicino a dove si vive e quindi ridurre i costi per il trasporto ma anche quelli per la refrigerazione e l’imballaggio. Bisogna quindi sostenere la cosidetta agricoltura a km0, soprattutto l’orticoltura a discapito degli allevamenti intensivi.
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8) Riconsiderare il ruolo della carne nelle nostre diete. Possiamo investire in ricerca, sostenere l’agricotura familiare e locale, ma lo sforzo maggiore è quello di modificare la nostra dieta, riducendo progressivamente la carne, specie quella bovina proveniente da allevamente intensivi.
9) Gli indicatori agricoli non sono uguali per tutti. La corretta gestione delle risorse non sempre combacia con delle performance economiche eccellenti. Il profitto a non è sempre un buon segnale di sostenibilità ambientale.
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10) Il cambiamento parte da noi. Nel 2050 si prevedono 9,6 miliardi di persone nel pianeta e se vogliamo dare a tutti 3000 calorie al giorno dovremmo aumentare del 70% la produzione di cibo rispetto ad ora. La sfida è enorme ma coinvolge tutti non solo Governi ed istituzioni. Sostenere coltivazioni locali, di piccole dimensioni, scegliere varietà più resilienti, ridurre il consumo di quelle provenienti da lontano, come la carne prodotta in allevamenti intensivi è una scelta di tutti. Anche dedicare del tempo a produrre da sé parte di quello che mangiamo potrebbe fare la differenza.
Ultimo aggiornamento il 19 Dicembre 2017 da Rossella Vignoli
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