Cos’è e come si fa il prosciutto crudo
Sommario
Uno degli alimenti più importanti per la nostra cucina, per la nostra cultura e per il nostro Paese: ma sapete come si fa il prosciutto crudo e quali sono le sue caratteristiche? Ve lo raccontiamo noi….
Uno dei prodotti tipici del nostro Paese, prodotto fin dai tempi degli antichi romani e ancora molto apprezzato al giorno d’oggi, è sicuramente il prosciutto crudo, il salume ottenuto dalla stagionatura, senza cottura, della coscia di maiale.
Praticamente lo conoscono tutti, lo mangiano tutti (anche perché da nord a sud ne sono presenti molte varietà) ma nessuno, o quantomeno in pochi, sanno precisamente come si fa il prosciutto crudo, che è ciò che vi spieghiamo in questo articolo.
Come si fa il prosciutto crudo: in principio era la coscia
Tutto parte dalla coscia del maiale, che è una parte molto importante del suino, forse la più importante: esistono due tipi di suino, quello “leggero” e quello “pesante”. Dal primo si produce di solito carne fresca (bistecche), da quello pesante proprio i prosciutti, perché le altre parti sono troppo grasse per essere vendute, il che significa che spesso rimangono, invendute, nei salumifici (non vengono buttate ma sicuramente le vendono a un prezzo molto più basso del loro valore). Questo fa aumentare già da principio il prezzo della coscia.
Coscia che, ad inizio produzione, è fresca, non stagionata, dopo la macellazione: la coscia viene privata dello stinco (non sempre, nel San Daniele ad esempio rimane) e viene tagliata all’altezza dell’articolazione tra il femore e il bacino, che di fatto è l’unica parte che rimane senza pelle (la cotenna).
Per prima cosa, le cosce vengono fatte dissanguare, quindi massaggiate (zangolate) per spremere il sangue rimasto all’interno; a questo punto si lasciano riposare in cella qualche giorno, in modo che si risolva il rigor mortis (che si forma dopo la macellazione).
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Come si fa il prosciutto crudo
Arriva così il momento di mettere sul prosciutto ciò che permetterà di conservarlo a lungo, il sale: la stagionatura è ampiamente basata sul sale, che riduce la crescita microbica (se non la annulla) durante i molti mesi di conservazione. Il sale, però, non si può mettere direttamente nel salume (come si fa nel prosciutto cotto) ma può essere messo solamente sopra al prosciutto, in cui poi entrerà per diffusione; viene messo con una miscela detta salamoia, che cambia in base al tipo di prosciutto che si vuole fare.
Da notare che il sale nel prosciutto è semplice sale da cucina, cloruro di sodio: i nitrati non si usano, mentre le quantità di nitriti ammesse sono bassissime rispetto ad altri salumi, facendone un prodotto più naturale di altri.
I prosciutti così salati vengono lasciati riposare in cella frigorifera, e man mano che il tempo passa e l’umidità diminuisce, vengono girati e viene fatto in modo che il sale, per gravità, venga assorbito anche dall’altro lato. In cella perdono gran parte della loro umidità, e alla fine di questo periodo vengono per così dire “sigillati” e messi a stagionare (la stagionatura vera e propria) negli ambienti ventilati in cui siamo abituati a vederli.
La sigillatura, che in gergo si chiama sugnatura, consiste nello spandere nell’unica parte non ricoperta dalla cotenna di una pasta composta da sugna, farina di riso ed eventualmente qualche spezia (pepe). Si utilizza la sugna, che è il grasso viscerale della zona surrenale del maiale perché è molto più delicata, morbida e privo di impurità rispetto allo strutto. Viene utilizzata la farina di riso e non di grano per motivi di sicurezza alimentare (altrimenti i celiaci non potrebbero mangiare nemmeno il prosciutto).
Il prosciutto, lentamente, perde umidità: si fa stagionare per un minimo di 12 mesi, anche di più in base alle produzioni. Passato questo periodo, il prodotto è pronto e rimane solo la fase più importante: quella (che probabilmente avete visto in qualche pubblicità) in cui un addetto infila un lungo ago nel prosciutto e lo annusa. Avete presente?
Quella è la fase in cui sapremo se tutta la procedura è andata a buon fine: ci sono infatti dei punti, nella coscia, in cui, se sono stati compiuti errori di produzione, c’è fermentazione batterica e l’odore non sarà quello del prosciutto “normale”, ma sarà odore di putrefazione, anche se potrebbe essere molto lieve.
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Tutti i prosciutti devono subire questo processo, e soprattutto l’addetto non è una persona a caso: è il massimo esperto di prosciutti del salumificio, generalmente il proprietario o persone di (altissima) fiducia.
Sbagliare ad annusare potrebbe significare far chiudere lo stabilimento per problemi di igiene, che si vedono solamente quando il prosciutto si affetta (quindi le vede il consumatore, nemmeno il negoziante) ed è per questo che bisogna essere bravissimi ad individuarli prima: e questo è il gesto più importante di come si fa il prosciutto crudo.
Questa, quindi, è l’affascinante storia su come si fa il prosciutto crudo, un alimento tra i più importanti nel nostro paese: in Italia esistono poi tantissime produzioni diverse, molte delle quali (Parma, San Daniele, Toscano) sono regolate da un disciplinare, ossia una normativa, una legge, e un consorzio (una pubblicità diceva “Garantisce il consorzio!”) che vigila su tutti i produttori di quel prodotto affinché non commettano errori.
Tutto questo sistema è necessario per produrre sempre prodotti di una certa qualità, che non varino mai e che, soprattutto, tengano alto il nome del nostro paese del mondo: il prosciutto è una delle nostre eccellenze, un alimento che dovrebbe far parte della cultura di tutti noi: ed è un vero peccato che, troppe volte, non sia così.
Se ti interessa approfondire come si fa il prosciutto crudo e quante gustose ricette lo prevedono, questo libro fa per te:
Ultimo aggiornamento il 17 Novembre 2017 da Rossella Vignoli
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