Economia della felicità: che cos’è e esiste veramente?
Istruzione, salute e relazioni sono i pilastri del benessere di una persona
Da cosa dipende la felicità? Questo argomento sta diventando oggetto di studi approfonditi, e sempre di più ci si chiede, in questa difficile congiuntura storica di crisi economica e guerre, quale sia il vero ‘segreto’ e se esiste un’economia della felicità.
Da cosa dipende la felicità
Ci sono delle regole per essere felici? Sembrerebbe di no.
Però diversi studi anno indicato in un buon livello di istruzione, salute e relazioni i principali indicatori della felicità. Ma anche vivere in un paese democratico e libero incide molto sulla serenità di un individuo.
Invece disoccupazione e mancanza di mezzi hanno molta responsabilità nell’infelicità delle persone.
Inoltre, è vero anche che reddito e la felicità non sono direttamente proporzionali. Aumentando il reddito spesso aumenta anche la voglia di raggiungere nuovi obiettivi economici e il confronto della ricchezza con la rete di relazioni porta a un continuo stress ‘da invidia’.
Il reddito nazionale si traduce in felicità quando facilita l’accesso ai servizi e ai beni comuni dei cittadini: diversamente diventa fonte di scontento e sfiducia. Ma, ancora più interessante parlare della felicità a livello globale.
E la globalizzazione e felicità? Escludono a vicenda?
Cos’è l’economia della felicità
Questo è un tema complesso, di cui è difficile fare un’analisi lucida, perché il momento storico è ‘ora e adesso’, mentre scriviamo, mangiamo, facciamo, viviamo. In genere si è sempre più saggi ‘dopo’, quando un fenomeno lo si può avere oggettivamente davanti, spezzettarlo, così da capirlo e analizzarlo.
L’economia della felicità è un diverso approccio economico che si focalizza sul miglioramento del benessere delle persone, e non sulla sola crescita economica misurata economicamente dal PIL.
Questa visione economica prevede anche una diversa misurazione del benessere oltre a quella basata sul PIL, che ritiene non sufficiente per misurare il progresso di una società. Per questo si utilizzano indicatori alternativi come la soddisfazione di vita, la salute, l’istruzione, l’equità sociale…
Anziché concentrarsi solo sulla performance economica, l‘obiettivo deve essere di massimizzare il benessere dei cittadini. Per questo sono prese in considerazione tutte quelle politiche che impattano sul miglioramento della qualità della vita.
Oltre ai fattori economici, sono valutati anche elementi soft come le relazioni sociali, la libertà, la sicurezza, l’ambiente, e tutti quegli aspetti non puramente monetari che però svolgono un ruolo cruciale nel determinare il benessere delle persone.
L’economia della felicità ha come uno degli elementi distintivi lo sviluppo sostenibile, con particolare attenzione all’equità nella distribuzione del benessere tra individui anziani e nuove generazioni.
Paesi come il Bhutan, il Ladakh, la Nuova Zelanda e la Finlandia stanno adottando approcci basati sull’economia della felicità, superando la visione tradizionale fondata sul solo PIL. Così migliora la qualità della vita delle persone in modo olistico e duraturo.
Dalla globalizzazione a una visione locale, fatta di ricchezza da ritrovare nella propria comunità, con i legami sociali, con un’economia che investa nella propria terra, rispettandola. Questa è anche la visione di Helena Norberg Hodge, analista economica e autrice de ‘Il futuro nel passato’, un documentario che mostra bene da dove parte la crisi mondiale che stiamo attraversando, chi sono i responsabili, quali possono essere le soluzioni.
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Per finire in bellezza, vi postiamo anche un paio di video del Professor Leonardo Becchetti, massimo esperto del campo, mai banale e sempre interessante da ascoltare: buona visione!
Ultimo aggiornamento il 18 Giugno 2024 da Rossella Vignoli
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