Il manager della sostenibilità in Italia è donna
Lo sapevate che in Italia il manager della sostenibilità sono soprattutto donne? Questo aspetto emerge da una ricerca dell’Universtà Cattolica e del Csr manager network.
Il manager della sostenibilità è sicuramente donna! E’ un ruolo che nelle aziende sta prendendo gradualmente piede ed è per la maggior parte occupato da donne. Si tratta della nuova figura del CSR manager (dove l’acronimo sta per corporate social responsibility).
Questa preponderanza femminile è fotografata dall’indagine condotta dal Csr manager network, l’associazione che riunisce i responsabili delle politiche di sostenibilità, in collaborazione con Altis (Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica di Milano) e Isvi (Istituto per i valori d’impresa).
Quello che ne viene fuori è un quadro confortante, se si pensa alla mancata parità tra i sessi spesso presente sul mercato del lavoro. L’indagine ha infatti rilevato che esiste una prevalenza di donne tra i professionisti della CSR: su 116 gli iscritti 63 sono donne, ossia più del 54% e che percepiscono tra i 70 mila e gli 80 mila euro l’anno, e quindi dal punto di vista retributivo, si tratta di un ruolo in linea con gli altri manager tradizionali.
Ma anche ciò che ruota intorno alla CSR manager è di color rosa: il 62,5% dei collaboratori sono donna e il 34,4% ha un’età compresa trai 31 e 40 anni. Quanto al titolo di studio, la maggior parte ha conseguito una laurea specialistica (54,1%) o un master (29,7%).
Per avere un’idea delle responsabilità affidate ai CSR manager, basti pensare che gestiscono un budget medio annuale di 192.720 euro e coordinano unità lavorative che sfiorano la media di quattro persone.
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Ma cos’è precisamente una CSR? Le attività di cui si occupano sono quelle legate a delineare e mantenere la responsabilità sociale di un’impresa. E’ una figura introdotta dall’Unione Europea dal marzo 2000, per ottenere un’azienda più competitiva, socialmente coesa (cooperazione tra i colleghi), più affine alle linee europee e moderna.
Dunque, si va oltre alla sola osservanza delle leggi e delle attività pratiche che spettano all’azienda. Si parla proprio di rapporti più umani e armoniosi, anche con soggetti esterni, quali collaboratori, fornitori, clienti, partner, la comunità stessa, i sindacati e le istituzioni locali. Il CSR manager assolve dunque un triplice compito: economico, sociale ed ambientale.
Le aziende si stanno sempre più accorgendo dell’importanza di questo ruolo. Stando a una recente ricerca condotta da Gfk-Eurisko e Fondazione Sodalitas, 4 imprese su 10 tra quelle quotate in borsa presenta in organico un CSR manager, con il 75% di questi nuovi professionisti che lavora in grandi aziende e il 59% che risponde direttamente al top management.
Dare maggiore ecosostenibilità ad un’impresa non è dunque visto più come un’optional o una modalità di comunicazione fine a se stessa. Se c’è un responsabile della responsabilità sociale e della sostenibilità ambientale in una azienda i vantaggi sono concreti e indiscutibili, perché si adopera per instaurare un clima positivo, favorendo la motivazione, il dialogo e il coinvolgimento di dipendenti e collaboratori, con ricadute positive sulla produttività.
Altro aspetto su cui lavora un CSR manager è il miglioramento dei rapporti con la comunità locale, accogliendo le esigenze del territorio di riferimento, al di là del solo sfruttamento, e questo viene percepito positivamente e contribuisce alla qualità della vita con iniziative concrete. Anche la reputazione e la fidelizzazione dei clienti, specie se le politiche di CSR sono coerenti e ben comunicate, è un campo del CSR manager.
Insomma, se l’azienda ha un animo green, l’attenzione per l’ambiente è quasi sempre gestita da donne.
Ultimo aggiornamento il 4 Gennaio 2024 da Rossella Vignoli
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