La Foca Monaca: radiografia di una specie a rischio di estinzione
La foca monaca mediterranea (nome scientifico: Monachus monachus) è una delle specie a rischio di estinzione più note del Mare Nostrum, con appena 700 esemplari che sopravvivono secondo le ultime stime. La sua storia è emblematica: la caccia prima e il turismo di massa poi hanno decimato la popolazione di foche monache, facendone un animale simbolo delle difficoltà che incontrano le politiche di conservazione.
Sommario
Occhio alla Foca Monaca. In questi ultimi anni la “primula rossa” del Mediterraneo è stata avvistata al largo delle nostre coste in diverse località, ma la documentazione spesso si ferma a scatti fotografici che non riescono ad immortalare bene il velocissimo mammifero. Nei giornali locali ci scappa sempre un articolo troppo ottimista: la Foca Monaca è tornata.
Avvistamenti che spesso si registrano un Sardegna o in altre regioni del Sud. Ma la Foca Monaca, di cui sono presenti alcune colonie in Mauritania, Marocco e Canarie sul lato Atlantico, in Turchia e in alcune isole greche nel Mare Nostrum, ha ormai perso la residenza in Italia. Al limite prende veloce domicilio nelle nostre coste perché viaggia velocemente attraverso il Mediterraneo.
Una breve storia della Foca Monaca
Il simpatico, ma timido mammifero era ben presente nel nostro Paese fino agli anni cinquanta e sessanta. Ma a causa di caccia e turismo di massa la foca monaca ha abbandonato le nostre coste. Il paese simbolo dell’animale è Cala Gonone (frazione marina del comune di Dorgali sulla costa orientale della Sardegna).
Le cause della sparizione della foca monaca
In questo angolo di Sardegna è facile ricostruire la sua triste storia e il suo difficile rapporto con l’uomo. Che negli anni venti e trenta comincia a cacciarlo. Lo testimoniano alcuni scatti fotografici dove si vedono uomini vestiti in sahariana che posano con fucile e la preda di foca monaca appesa. Safari africano in terra sarda da parte di ricchi facoltosi.
In rete, un breve filmato e alcune foto raccontano di un cucciolo di foca catturato e portato a Roma. La immergono nella Fontana di Trevi, diventa attrazione esotica e finisce allo zoo. Insomma, cronaca di una morte annunciata. L’esotismo piace a quel Italia ancora lontana da una coscienza ambientale. Si può notare in un raro, ma bel filmato girato nelle Grotte del Bue Marino, a Cala Gonone, dove si può ammirare un cucciolo di foca e dove si parla della foca monaca come di “animale artico che prospera sulle coste della Sardegna”.
Le cause della scomparsa della foca monaca in Sardegna, vanno quindi individuate inizialmente nella caccia da parte di pastori e pescatori locali. I primi parlano in un bel documentario del regista ceco Miroslav Novak, “Alieni sulla spiaggia”. In questo film anziani pastori del Supramonte marino (purtroppo morti recentemente) parlano di quando per fame andavano a caccia della foca monaca.
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Il colpo di grazia: il turismo di massa
Negli anni cinquanta si apre ai turisti la Grotta del Bue Marino (traduzione sarda del nome della foca) e in pratica il mammifero si trova uno scomodo coinquilino nei mesi estivi. Ma la Foca continua a frequentare la grotta e la costa di Cala Gonone come testimoniano numerosi avvistamenti e foto. L’approccio è poco rivolto alla tutela, come si può vedere dal contenuto di questa trasmissione televisiva del 1969.
Il colpo di grazia arriva quando le grotte diventano turistiche. Nelle grotte, gli esemplari di foca monaca “sardi” resistono fino agli anni settanta. Poi, gli avvistamenti si diradano progressivamente e la foca prende il largo. Negli anni novanta, in mezzo c’è la lotta per il Parco Nazionale del Golfo di Orosei che non prenderà mai la luce, ma almeno cresce la consapevolezza ambientale.
E si propongono anche dei progetti per il reinserimento della Foca in alcune spiagge. Un progetto complesso, costoso e che dovrebbe portare ad un blocco del traffico nella costa di Cala Gonone. Alla fine non se ne farà niente. La Foca Monaca finisce, immagini e schede informative, in un piccolo museo di Cala Gonone e nel 2010 nell’Acquario dove ci sono schede che ne parlano.
Da allora, si verificano altri avvistamenti nell’arcipelago Toscano e in altre parti d’Italia: a Chioggia, in provincia di Venezia, nell’Isola del Giglio e al largo di Trapani. Ma sempre per una toccata e fuga.
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La foca monaca oggi: sopravvivenza e conservazione
La foca monaca ogni tanto si fa vedere nel nostro mare. Ma è sempre velocissima e con esemplari unici, forse in esplorazione. Ormai queste foche erranti per il Mediterraneo hanno perso definitivamente la residenza nelle coste italiane. Con un po’ di fortuna e con i binocoli pronti, forse riuscirete a vederne qualche esemplare.
Se proprio ne siete innamorati, è più facile avvistarne nelle isole dell’Egeo, tra Turchia e Grecia, dove sopravvivono poco più di 200 esemplari. Ecco un video a loro dedicato girato in questi luoghi:
L’unico luogo dove la foca monaca è presente in un numero sufficiente per formare una colonia è al largo delle coste di una riserva naturale in Mauritania.
Nel Mediterraneo non mancano segnalazioni, soprattutto in Croazia. In una riserva naturale delle isole dalmate sono state viste di recente coabitare con i turisti, come abbiamo visto in una interessante puntata di TGRLeonardo e come possiamo vedere in questo video. Ma si tratta di un’eccezione e con ogni probabilità di tratta di un numero di esemplari non sufficienti a formare una colonia.
Quali prospettive, quindi? Una maggiore sensibilità ambientale e il semplice fatto di non cacciarla sembrano avere prodotto qualche risultato. Da qualche anno la popolazione di foche monache è in lieve, ma costante aumento. Nel 2015, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha classificato la specie come “in pericolo”, un miglioramento significativo rispetto al precedente status di “in pericolo critico”.
Noi facciamo il tifo per questo curioso abitante del Mediterraneo. Se vi capitasse di vederla, osservatela rispettosamente, da lontano e senza disturbarla, col rispetto che si deve a chi è sopravvissuto a grandi pericoli.
Ultimo aggiornamento il 16 Febbraio 2024 da Rossella Vignoli
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