La strana coppia: obesità e cambiamenti climatici
Per anni il problema dell’obesità è stato letto in termini individuali, considerandolo come una patologia fisica determinata da vari fattori di natura organica e psicologica.
Mai nessuno aveva cercato di mettere in luce la stretta relazione esistente tra questo fenomeno e le attuali condizioni socio-economiche, includendo anche la cattiva gestione della produzione agricola e l’intera filiera alimentare.
“Globesità: un pianeta fuori controllo?” è il libro pubblicato da quattro ricercatori della salute pubblica, Francis Delpeuch, Michelle Holdsworth, Bernard Maire, Emmanuel Monnier, che dimostra come il fenomeno dei cambiamenti climatici e l’aumento dell’obesità siano strettamente correlati fra loro.
La diffusione massiccia di automobili, il tipo di alimentazione altamente calorica e la scomparsa progressiva di lavori manuali sono solo alcuni tra i fattori citati che concorrono nel favorire l’aumento di peso dell apopolazione dei paesi occidentali e il mantenimento dello status quo.
L’idea che l’obesità rappresenti un problema tipicamente americano è un mito da sfatare, come afferma Michelle Holdsworth, autrice del libro e nutrizionista dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a Montpellier, in Francia.
Oramai 1 cittadino su 6, in ogni angolo della Terra, è in sovrappeso e 1 cittadino su 12 è obeso. L’obesità sta crescendo anche nei Paesi in via di sviluppo e di recente industrializzazione, Paesi dove sarà impensabile per il momento poter affrontare le conseguenze del problema a lungo termine.
Quando l’indice di massa corporea, inteso come il rapporto tra peso e altezza, è uguale o superiore a 30 l’individuo si definisce obeso.
Attualmente in Germania, Finlandia, Repubblica Ceca, Grecia, Egitto e Cipro, il tasso di obesità è – a sorpresa – più elevato che negli Stati Uniti, secondo i dati della International Obesity Task Force (IOTF).
Le diete tradizionali mediterranee che privilegiano l’olio d’oliva sono oramai troppo ricche di grassi per una popolazione che diventa sempre più pigra.
Ancora più allarmanti sono i dati relativi ai tassi di obesità infantile: sono raddoppiati negli Stati Uniti, passando dal 15% nel 1975 al 30% nel 1995. Anche gli altri Paesi sembrano essersi presto adeguati: in Inghilterra si è passati dal 15% nel 1995 al 30% nel 2005. In Spagna, Italia, Albania e Grecia il tasso sta salendo e si aggira intorno al 30-40%.
Ma in che modo si possono collegare il fenomeno dell’obesità con l’aumento delle temperature? In un’altra ricerca si era messo in luce come le persone obese contribuissero ad una maggiore produzione di gas serra, dal momento che richiedono più cibo ed energia per il trasporto.
Per la Holdsworth incolpare le persone non è un atteggiamento utile perchè stiamo parlando di decenni di trasformazioni socio-demografiche che non possono essere demandate al singolo individuo.
Incoraggiare l’utilizzo della bicicletta, imporre tasse sul cibo spazzatura, proibire alcune pubblicità, rendere più chiare le etichette di alcuni alimenti, sono solo alcune delle proposte che i governi dovrebbero prendere in considerazione per combattere i due fenomeni.
I programmi di educazione difficilmente riportano grandi risultati nell’immediato ma come è accaduto per le campagne contro il fumo nei luoghi pubblici, col tempo le persone hanno sviluppato una maggiore sensibilità sui rischi correlati al fumo passivo e hanno modificato le loro abitudini.
Un approccio globale e multifattoriale potrebbe rappresentare una sfida interessante, e forse l’unica plausibile, per le politiche di governo su questi problemi, che non interessano più solo una parte del nostro Pianeta e compromettono tutti gli sforzi che molti Paesi cercano di compiere in direzione della salute pubblica e della tutela ambientale.
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Ultimo aggiornamento il 22 Gennaio 2018 da Rossella Vignoli
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