Orto e giardino

L’orto diffuso: un orto per riappropriarsi della città

Cos'è, come funziona e quali sono i benefici per chi ci lavora

Secondo alcuni recenti studi, coltivare un orto diffuso o prendersi cura di fiori e piante nei terrazzi o in giardino allunga la vita. Partendo da questo semplice presupposto, molte città nel mondo hanno iniziato ad incoraggiare attivamente la creazione di orti urbani. Vediamo allora di cosa si tratta, quali sono i benefici sia per chi ci lavora che per chi vive vicino, ed il ruolo cruciale delle amministrazioni locali nella sua creazione, con alcuni esempi che hanno già preso vita in diverse città italiane.

L’orto diffuso: un orto per riappropriarsi della città

Cos’è un orto diffuso

Negli ultimi anni, il concetto di orto diffuso ha guadagnato popolarità, diventando una delle soluzioni più innovative per la riqualificazione urbana e la promozione di uno stile di vita sostenibile.

Questa forma di agricoltura urbana si basa su più appezzamenti di terreno, distribuiti in vari punti della città, che vengono destinati ad orto urbano, per la coltivazione di ortaggi, frutta e erbe aromatiche.

Diversamente dai tradizionali orti comunitari o urbani, quello diffuso non si limita a un’unica area, ma si estende in più luoghi: giardini privati, spazi pubblici inutilizzati, terrazze e balconi.

L’idea alla base di questo modello è decentralizzare la coltivazione, coinvolgendo la comunità e ottimizzando spazi urbani spesso abbandonati o inutilizzati. Ognuno può contribuire, che si tratti di singoli cittadini, gruppi di volontari o enti locali, per rendere la città più verde e autosufficiente dal punto di vista alimentare.

Come funziona un orto diffuso

Questo è un progetto collettivo che si basa sulla partecipazione attiva della comunità. Funziona come una rete di micro-orti, dove ciascun partecipante si prende cura di una piccola porzione di terreno o di uno spazio di coltivazione. Questo può avvenire in varie forme, come:

  • Giardini condivisi: degli spazi verdi urbani trasformati in orti accessibili a tutti.
  • Balconi e terrazzi privati: gli abitanti della città coltivano ortaggi e piante aromatiche sui propri spazi esterni.
  • Aree verdi pubbliche: delle zone non utilizzate, come parchi o piazze, vengono riqualificate e messe a disposizione della comunità per scopi agricoli.

Ogni partecipante si occupa della propria porzione di orto, ma spesso si creano occasioni di scambio e collaborazione tra i diversi gruppi, favorendo la condivisione di competenze e la creazione di legami sociali.

Un altro aspetto interessante è l’adozione di pratiche agricole sostenibili, come l’agricoltura biologica e la riduzione degli sprechi idrici, che rendono l’orto diffuso non solo un progetto di inclusione sociale, ma anche un contributo concreto alla lotta contro il cambiamento climatico.

I benefici per chi partecipa a un orto diffuso

Come accade un po’ per la coltivazione di un orto aziendale, in cui si condivide il lavoro di cura di verdura e frutta assieme ai colleghi e dell’orto didattico, in cui sono i bambini a lavorare il terreno con la guida dell’insegnante, partecipare a un orto diffuso porta con sé numerosi vantaggi, sia a livello individuale che comunitario.

Coltivare il proprio cibo è un’attività che ha un impatto positivo su molteplici aspetti della vita quotidiana, migliorando il benessere fisico, mentale e sociale.

  • Benessere psicofisico. Lavorare a contatto con la natura e prendersi cura delle piante ha dimostrato di avere effetti positivi sulla salute mentale. La cura delle piante può ridurre lo stress, migliorare l’umore e favorire la concentrazione. Inoltre, è un’attività fisica che aiuta a mantenere attivi, favorendo il benessere fisico e riducendo i rischi legati a uno stile di vita sedentario.
  • Cibo sano e sostenibile. Coltivare frutta e verdura nel proprio orto significa avere accesso a prodotti freschi, biologici e a km 0. Questo non solo garantisce una migliore qualità del cibo, ma aiuta anche a ridurre l’impatto ambientale legato al trasporto e al confezionamento dei prodotti agricoli.
  • Creazione di comunità. Uno degli aspetti più interessanti è la sua capacità di creare una rete sociale. Le persone che partecipano a questi progetti non solo coltivano il proprio cibo, ma collaborano, condividono esperienze e conoscenze, creando una vera e propria comunità. Questo favorisce l’inclusione, riducendo l’isolamento e rafforzando i legami di quartiere. Per questo possiamo anche parlare di agricoltura sociale su scala urbana.
  • Educazione ambientale. Si tratta di un potente strumento educativo. I partecipanti, specialmente i più giovani, imparano nozioni preziose sull’agricoltura sostenibile, il rispetto per l’ambiente e l’importanza di un’alimentazione sana. Coinvolgere scuole e famiglie nei progetti di orti diffusi può essere un ottimo modo per sensibilizzare le nuove generazioni alla cura del pianeta.

Il ruolo delle amministrazioni locali

Le amministrazioni locali giocano un ruolo fondamentale nella creazione e nella gestione di questi orti urbani diffusi sul territorio. Senza il supporto delle istituzioni, infatti, sarebbe difficile individuare e riqualificare gli spazi pubblici inutilizzati, necessari per la realizzazione di questi progetti.

Le amministrazioni possono contribuire in diversi modi:

  • Mappatura e concessione degli spazi: identificare le aree urbane in disuso e renderle disponibili per la comunità.
  • Supporto logistico e finanziario: fornire materiali, strumenti e incentivi economici per avviare i progetti.
  • Regolamentazione e gestione: stabilire normative che facilitino la gestione condivisa degli orti e promuovano la partecipazione della cittadinanza.

In molte città italiane, le amministrazioni locali hanno già avviato progetti di orti diffusi, dimostrando come queste iniziative possano migliorare la qualità della vita urbana.

Esempi di orti diffusi in Italia

L’Italia ha abbracciato con entusiasmo l’idea degli orti diffusi, e diverse città stanno sperimentando progetti innovativi in questo campo. Vediamo alcuni esempi.

  • Milano – Il progetto Orti di Via Padova. In uno dei quartieri più multiculturali della città, il progetto viole essere un esempio di come l’orto diffuso possa essere utilizzato come strumento di coesione sociale. L’iniziativa ha trasformato diverse aree in spazi di coltivazione, coinvolgendo i residenti, le associazioni e le scuole locali. Il progetto ha favorito l’integrazione tra persone di diverse etnie e ha reso possibile la creazione di un ambiente più verde e vivibile.
  • Torino – Orti diffusi di Mirafiori. Avviato dal Comune e da associazioni locali per riqualificare spazi abbandonati e renderli utili alla comunità, vuole promuovere la coltivazione sostenibile ed è diventato un luogo di incontro e di socializzazione per gli abitanti del quartiere.
  • Roma – Orti urbani Garbatella. Uno degli esempi più significativi è in questo quartiere storico romano, che ha visto la nascita di numerosi orti diffusi grazie alla collaborazione tra cittadini, scuole e associazioni locali. Gli orti di Garbatella sono oggi un punto di riferimento per chi desidera coltivare il proprio cibo in città e promuovere uno stile di vita più sostenibile.

L’orto diffuso come risposta alla cementificazione

Non si tratta esattamente di un orto tradizionale, bensì è un nuovo modo di pensare gli spazi a disposizione nelle nostre città, raccogliendo le nostre radici e le nostre esperienze. Gli orti urbani sono stati sempre concepiti in aree marginali, in quanto in città il  terreno diventa una risorsa troppo preziosa, e quindi gli spazi preposti si sono nettamente ridotti, o sono scomparsi negli ultimi anni.

L’orto urbano dei nostri giorni rinasce quindi anche come protesta all’invasione del cemento. Non è uno spazio isolato rispetto alla città, periferico, ma è concepito anche come spazio espandibile ed ampliabile, come i giardini collettivi costruiti nelle aree lasciate libere dall’edilizia o dal verde urbano di bassa qualità.

Le nostre città con questo sistema possono ritornare ad essere più verdi e collegate alla campagna, far riscoprire nuovi ritmi di vita, un nuovo contatto con la natura e capire che il cibo segue varie fasi, prima di arrivare sulle nostre tavole.

Questa è dunque un’occasione per espandere le nostre capacità, le relazioni con gli altri e le superfici a nostra disposizione, sfruttandole per fini salutistici: che si tratti di uno spiazzo, si un terrazzo, di un balcone, o di un davanzale di una finestra, tutti hanno piani che diventano aree coltivabili.

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Ultimo aggiornamento il 23 Settembre 2024 da Rossella Vignoli

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Giovanna Ferraresi

Giovanna Ferraresi  Siciliana di nascita e milanese di adozione, s'impegna con passione e voglia di imparare. Fino dal 2011 segue la sua attitudine, la scrittura. Lavora come web editor free lance per una casa editrice milanese specializzata in riviste tecniche di architettura e scrive di edilizia e architettura per 'Imprese Edili' e architetturaecosostenibile.it È appassionata di bioedilizia e architettura sostenibile. Anche oggi continua a tenersi aggiornata, non smettendo mai di ascoltare, guardare e imparare ed è esperta di bellezza naturale e autoproduzione cosmetica.

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2 Commenti

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