Meno plastica grazie al vaso biodegradabile
I fatti e i numeri lo dimostrano: le professioni green in questo momento rappresentano una delle strade più promettenti per rispondere e cercare di uscire dalla stagnazione del sistema socio-economico italiano.
Un esempio in tal direzioni arriva dalla Toscana, segnatamente dalla provincia di Pistoia, area il cui tessuto produttivo ruota intorno al vivaismo. Il settore produce, ma deve continuamente stare al passo con i tempi e con la concorrenza, così ha deciso di investire su di un nuovo prodotto che potrebbe aprire la strada dei mercati esteri: il vaso biodegradabile.
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Il vaso in questione ha già un nome, Eco Pot, e un suo comportamento specifico: una volta impiantato nel terreno è capace di scomporsi in maniera del tutto autonoma, e nel contempo rilascia alla pianta delle sostanze terapeutiche per mantenerla organicamente perfetta ed evitarle lo stress da reimpianto.
Con Eco Pot si punta a fornire una soluzione al delicato passaggio espianto dalla terra-invasatura, ma nel contempo si risolverebbe il problema delle migliaia di vasi in plastica utilizzati dalle aziende, e per forza di cose da smaltire: si stima qualcosa come 440 milioni di contenitori in propilene.
Al progetto, finanziato dall’Unione europea, hanno deciso di aderire 58 aziende del territorio, supportate da Coldiretti. In laboratorio lavora un’equipe di ingegneri chimici e agronomi delle Università di Pisa e Perugia, supportati dagli esperti del Centro Nazionale delle Ricerche italiano.
Eco Pot promette dunque di rivoluzionare il comparto vivaistico. Per il discorso smaltimento, ma anche perchè attualmente, i contenitori “biodegradabili” (talvolta dichiarati tali senza alcuna indicazione della normativa europea di riferimento) presenti sul mercato hanno scarse proprietà meccaniche e/o costi troppo alti come ad esempio i vasi in lolla di riso o in fibra di legno.
Il prototipo del vaso bio sarà pronto entro la fine del 2014. C’è ancora da pazientare, ma a Pistoia e dintorni, sotto le serre si lavora anche alla sperimentazione di altre soluzioni eco-sostenibili, come per esempio dei terricci in cui la torba è stata sostituita o parzialmente o totalmente con prodotti degli scarti dei frantoi oleari.
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Ultimo aggiornamento il 29 Gennaio 2024 da Rossella Vignoli
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