Morti per inquinamento ma per colpa dell’eco-mafia
Oltre alla mafia, esiste anche l’eco-mafia, ed uccide in modo silenzioso: mediante l’inquinamento. In Sicilia, laddove un tempo c’erano miniere di zolfo e di salgemma, decantante anche da Giovanni Verga in ‘Rosso Malpelo’, sono stati dissotterrati rifiuti pericolosi provenienti un po’ da tutte le regioni italiane, e anche dall’Europa: polveri di metallo, amianto, scorie liquide, rifiuti ospedalieri speciali e persino radioattivi.
Le indagini iniziarono negli anni ’90, grazie alla testimonianza dei pentiti, ma furono presto archiviate. Ma i pm guidati da Sergio Lari hanno aperto nel 2012 un’indagine per traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Il riserbo sull’inchiesta è massimo. Le zone interessate ricadono tra Caltanissetta, Enna e Ragusa.
I numeri emersi sono inquietanti: negli 11 Comuni vicini alle miniere di Pasquasia e Bosco Palo il 43% dei decessi avviene a causa di tumore, quattro volte in più di quanto accade a Gela, che pure è appestata fin dagli anni Sessanta dalle ciminiere del Petrolchimico. Numeri che peggiorano ancora se si allarga il cerchio all’intero territorio nisseno, dove nel biennio 2008-2009 i malati di tumore sfiorano i 4mila casi, contro i 1.200 della media nazionale.
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In Sicilia le ex-cave poi trasformate dal fiorente business dell’eco-mafia in veri e propri ‘pozzi della morte’ sarebbero almeno quattro: l’ex miniera Ciavalotta vicino alla valle dei Templi di Agrigento, la cava di Mussomeli e quella di Bosco Palo, vicino San Cataldo (Caltanissetta), chiusa ufficialmente negli anni Ottanta ma oggetto fino a pochi anni fa delle ‘visite’ di strani camion stracolmi di rifiuti da seppellire.
Poi c’è la miniera di Pasquasia a Enna, ce fino al 1988 produceva salgemma per l’Italkali. Qui per anni lavorò come caposquadra un uomo d’onore, guarda caso…
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Ultimo aggiornamento il 2 Dicembre 2016 da Rossella Vignoli
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