Plastica compostabile: in meno di 3 mesi diventa compost
Cos'è, come si ricicla e quali sono le differenze con la plastica biodegradabile
Ormai da alcuni anni, in Italia la plastica compostabile comincia ad essere piuttosto diffusa. Viene infatti utilizzata per la produzione di molti prodotti d’uso comune, come i sacchetti per frutta e verdura, le borsine della spesa, bicchierini e tovagliolini usa e getta. In questo articolo andremo a spiegare nel dettaglio che cos’è la plastica compostabile, dove va buttata e perché è così importante smaltirla in maniera corretta ai fini dell’economia circolare.
Sommario
Cos’è la plastica compostabile
La plastica compostabile è un materiale, simile alla plastica, ma che è costituito da elementi naturali come ad esempio il mais. Inserita in un sistema di compost, la plastica compostabile, nell’arco di 3 mesi si decompone quasi totalmente (90%). Ha quindi un tempo di decomposizione molto più rapido rispetto a quello della plastica biodegradabile che ci impiega invece 6 mesi.
La plastica compostabile è una bioplastica certificata conforme allo standard europeo EN 134321 per quanto riguarda gli imballaggi, e allo standard europeo EN 14995 per tutti gli altri manufatti diversi dagli imballaggi.
Dalla decomposizione della plastica compostabile si ottiene il compost maturo, ricco di sostanze nutritive utili nel settore dell’agricoltura.
Quali materiali vengono utilizzati per realizzare gli articoli compostabili?
L’acido polilattico o PLA è un biopolimero derivante dall’amido di mais, compostabile secondo quanto previsto dalla normativa europea EN13432.
Questo materiale viene usato per la produzione di bicchieri, cucchiaini, monoporzioni per finger-food…
Dall’aspetto del tutto simile alla plastica, questo materiale è trasparente e può resistere fino a 35°C.
Che differenza c’è tra plastica compostabile e bioplastica
Molti pensano che biodegradabile sia un sinonimo di compostabile. In realtà, si tratta di due concetti differenti. Facciamo quindi chiarezza in merito.
Un prodotto viene definito biodegradabile se, in presenza di ossigeno e sotto l’azione di microrganismi, si degrada in anidride carbonica, acqua e biomassa. Può essere realizzato da plastiche di origine fossile o avere origine naturale.
Un prodotto viene invece definito compostabile se, attraverso un processo di decomposizione organica ad opera di microorganismi, sia esso compostaggio a caldo, tradizionale, o latro processo, e senza influire in maniera negativa sulla qualità del compost finale.
Di fatto, quindi, ciò che principalmente differenzia un materiale biodegradabile da uno compostabile sta nelle rispettive modalità e tempistiche di smaltimento.
Un materiale compostabile, venendo a contatto con altri residui organici, impiega meno di 3 mesi per disintegrarsi. Dal canto suo, invece, il 90% di un materiale biodegradabile si degrada nell’arco di 6 mesi.
Norma UNI EN 13432
Stando a quanto riportato nell’ Appendice II, European Compost Network, Position paper sulla plastica compostabile, Standard europeo EN 13432:2000, al fine di poter essere certificato come “biodegradabile e compostabile”, un materiale deve presentare le seguenti caratteristiche:
- degradarsi di almeno il 90% in 6 mesi in un ambiente ricco di anidride carbonica
- disintegrarsi per almeno il 90% in frammenti più piccoli di 2 mm entro 12 settimane a contatto con materiali organici
Superati questi 2 test in laboratorio, il manufatto in “plastica compostabile” può richiedere il rilascio del marchio “Ok compost” o “Compostabile Cic.” da parte degli enti certificatori preposti.
Come riconoscere la plastica compostabile
Un sacchetto o un contenitore in plastica compostabile deve fare riferimento alla dicitura di conformità della norma EN 13432:2002. Per accertarsi di essere di fronte a tale materiale, occorre cercare la frase “Prodotto biodegradabile e compostabile conforme alle normative comunitarie EN 13432”. In genere questa dicitura viene riportata frontalmente o lateralmente.
Qual è il simbolo della plastica compostabile
Oltre alla dicitura di conformità della norma EN 13432:2002, la plastica compostabile è identificabile tramite marchi che attestano la certificazione della biodegradabilità. Ad esempio, “Compostable” e “OK Compost”. Oltre ai loghi, deve essere riportato anche un codice, seguito da un numero, che si riferisce all’azienda produttrice che ne deve assicurare la tracciabilità.
Dove si butta la plastica compostabile
In generale, sulle confezioni di plastica è sempre riportato il simbolo del riciclaggio che indica il bidone dove buttare quello specifico rifiuto.
Sui prodotti realizzati in plastica computabile è riportata la dicitura “compostabile” e, come tali, questi imballaggi vanno gettati nel bidone dei rifiuti organici umidi, così da essere poi trattati in opportuni impianti di compostaggio.
In Italia, l’utilizzo dei sacchetti compostabili è cominciato circa 25 anni fa, tanto che oggi, il sistema italiano della raccolta differenziata della frazione umida è uno dei più avanzati sia per diffusione territoriale che per qualità e quantità di rifiuti raccolti.
Come si ricicla la plastica compostabile
Degradandosi nel giro di poche settimane, la plastica compostabile viene trattata negli impianti di compostaggio assieme ai rifiuti organici. Pertanto, i sacchetti e i contenitori realizzati in questo materiale possono essere tranquillamente buttati nel contenitore dell’umido.
Secondo quanto affermato dal Consorzio Italiano Compostatori, in Italia, l’impiantistica per il riciclo dei rifiuti organici costituisce “una filiera qualificata ed efficiente nella gestione di imballaggi in plastica compostabile”.
In pratica, il rifiuto organico si trasforma in compost, ovvero un prodotto ricco in humus, flora microbica attiva e microelementi, che favorisce la fertilizzazione dei campi, contribuendo al tempo stesso a combattere l’impoverimento del suolo.
Tuttavia, il Consorzio Italiano Compostatori ha però fatto presente un problema relativo alla presenza importante di plastica tradizionale tra i rifiuti organici. Dati alla mano, nei rifiuti organici si trova più del 5% di materiali non compostabili, di cui il 3,1% costituito da plastica. Ciò mette a rischio la produzione di compost di buona qualità.
Al fine di evitare contaminazioni, prima di essere immessa nell’impianto, la plastica non compostabile viene scartata dal resto dei rifiuti. Ma per fare ciò vengono messi in atto interventi impegnativi su più fronti e non manca ovviamente anche il rischio che durante questa pre-selezione vangano anche rimosse alcune porzioni di umido e plastiche compostabili che potrebbero tranquillamente venire riciclate.
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Ultimo aggiornamento il 3 Ottobre 2024 da Rossella Vignoli
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