Cos’è meglio: i prodotti locali coltivati in serra o quelli lontani ma bio?
Siamo sicuri che acquistare prodotti locali coltivati in serra invece di quelli cresciuti al naturale sia rispettoso dell’ambiente, se questi prodotti vengono da lontano?
Vogliamo fare una riflessione sulla nostra alimentazione, non un’analisi approfondita, che risulterebbe difficile fare se non siamo un istituto di ricerca che ha la possibilità di raccogliere dati ben precisi, sull‘impatto ambientale dei prodotti locali coltivati in serra e rispetto a quelli che vengono da lontano ma biologici.
Partiamo da questo presupposto: tutti sappiamo che la frutta cresciuta all’aria aperta, riscaldata e illuminata dal sole e non dalle lampade a infrarossi della serra, è più buona, più sana e se la coltivazione è legata a pratiche biologiche è anche più rispettosa per l’ambiente, perché ovviamente produrre in serra e tenere accesi i riscaldamenti costa energia ed inquina.Il sentire comune spinge verso questa idea, e tutti in generale pensano di fare qualcosa di buono per l’ambiente scegliendo la frutta cresciuta all’aria aperta invece di quella coltivata nelle serre.
Ma spesso non teniamo conto di un altro fattore, per certi versi ancora più importante ed inquinante quando i prodotti non sono di serra: il fatto che molti cibi non sono coltivati in Italia ma vengono importati, vuoi per alcuni periodi dell’anno, vuoi sempre. E questo implica che, spesso, vadano trasportati, anche a partire dall’altra parte del mondo.
Se non si prende in considerazione il trasporto, si può ancora pensare che frutta e verdura coltivate all’aperto e secondo metodi biologiche siano meno inquinanti, in generale, di quelle coltivate in una serra italiana? È veramente così?
Cos’è meglio: i prodotti locali coltivati in serra o quelli lontani ma bio?
Non possiamo rispondere si o no, ma fare alcune considerazioni. Pensiamo ad esempio alle banane. I banani non crescono mai in serra, sono troppo alti e occorrerebbe troppa energia per ricreare il clima caldo secco a cui devono crescere e fruttificare, che non bilancerebbe il valore commerciale delle banane stesse: per cui si coltivano solamente nelle zone in cui cresce bene, i climi caldi come Medio Oriente, Africa, Sudamerica e Asia. possimao ipotizzare persino che le piantagioni di banane seguano criteri di coltivazione biologici, ossia poco inquinanti.
Una volta raccolti i caschi (spesso ancora acerbi), li si conserva in una cella frigorifera, in cui dovranno stare per molto tempo, sia prima di essere trasportati nei mercati finali, sia durante il trasporto, che dopo, in attesa di essere vendute. E la refrigerazione richiede energia. Poi c’è l’atmosfera modificata, perché per non farle maturare ma rimanere acerbe per tutto questo tempo ci vuole un’apposita atmosfera, che deve essere mantenuta. Quindi si utilizza energia, si produce CO2 e s’inquina.
E poi, ovviamente, c’è il viaggio, che di solito avviene in nave e che richiede molto carburante per trasportare tanti container di frutta. Carburante che, ovviamente, inquina.
Se andiamo a sommare questi fattori scopriamo che sì, non è stata impiegata energia e quindi non è stato consumato combustibile per tenere attiva una serra, ma di energia se ne è consumata comunque tanta. E si è inquinato.
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Alla luce di queste considerazioni, anche se mancano dati, possiamo riflettere su cosa sia meglio, la serra o i prodotti cresciuti alla luce del sole ma provenienti da lontano. Un’idea però ce la siamo fatti: per l’ambiente dobbiamo abituarci a scegliere e mangiare la frutta di stagione, quindi non di serra, prodotta nelle nostre zone è la soluzione meno inquinante e più green, rispettosa dell’ambiente.
Per cui, quando al supermercato dobbiamo scegliere se comprare le fragole di serra italiane o gli ananas cresciuti al sole sudamericani, optiamo per la terza opzione: la frutta di stagione italiana. Certo, magari la variabilità è minore e così anche la scelta, ma avremo fatto un grande favore all’ambiente, a cui oggi spesso nessuno pensa, in cui noi oggi viviamo e in futuro, vivranno i nostri figli.
Immagine via shutterstock.
Ultimo aggiornamento il 26 Luglio 2024 da Rossella Vignoli
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