Analogie e differenze tra baccalà e stoccafisso, spesso confusi anche dagli estimatori
Nonostante la comune origine, si tratta dei prodotti di due lavorazioni molto diverse
Baccalà e stoccafisso sono due prodotti molto diffusi nella nostra tradizione culinaria. Ma qual è la differenza tra i due? Lo scopriamo in questo speciale.
Sommario
Chi scrive è cresciuto in campagna, tra le colline toscane. Un mondo in cui il “cibo” è rappresentato da vegetali di vario tipo e, per quanto riguarda la carne, coniglio, maiale, pollo, vitelli di vario tipo e misure. Poco pesce, o quantomeno si acquista al supermercato, ma di pesce fresco ne sappiamo ben poco. Se non che, ogni tanto, ci sono delle vere e proprie “sessioni di acquisto” del baccalà e dello stoccafisso, due pesci che specialmente tra le signore di una certa età vanno per la maggiore.
Il perché mi venne spiegato da un pescatore di Livorno qualche anno fa: in passato, questi erano tra i pochi pesci che, essendo facilmente conservabili, arrivavano anche in campagna. Tutti gli altri difficilmente ce la facevano, quando non esistevano i frigoriferi per portarli nelle nostre zone, dove spesso chi cucina non conosce nemmeno la differenza tra un’orata ed un branzino.
Ed è per questo che in molte tradizioni, anche non legate praticamente in alcun modo al mare, questi due prodotti sono così conosciuti ed apprezzati.
Baccalà e stoccafisso
Il baccalà e lo stoccafisso sono, possiamo dire, due facce della stessa medaglia. Il punto di partenza è un pesce che si chiama Gadus morhua, o Merluzzo, in termini civili. Crea un po’ di confusione un pesce che non c’entra nulla, si chiama Nasello, il cui nome scientifico è Merluccius merluccius: nonostante questo, è un altro pesce, non fatevi ingannare, sono non solo due specie ma due generi diversi.
Buona parte della confusione tra stoccafisso e beccalà origina dal fatto che in diverse zone, per esempio in Veneto, dove lo stoccafisso è una vera e propria istituzione, lo stesso stoccafisso venga chiamato baccalà: infatti alcune delle più tipiche ricette di queste zone (il famoso baccalà alla vicentina su tutti, ma anche per quello mantecato è la stessa storia), vengono fatte usando lo stoccafisso, non il baccalà!
Ma torniamo al merluzzo: i nostri mari non ne sono particolarmente ricchi, e comunque i merluzzi che girano qui sono piccoli, mentre quelli che si trovano al nord, nei mari freddi al largo delle coste della Norvegia, sono molto più grandi e si prestano ad effettuare questo tipo di lavorazioni.
La lavorazione del merluzzo per fare lo stoccafisso è più tipica delle zone nordiche, mentre i merluzzi che vengono pescati più a sud, ma sempre sull’oceano atlantico, di solito vengono trasformati in baccalà. Con il merluzzo si possono fare anche altri tipi di lavorazioni, soprattutto industriali (filetti surgelati, ad esempio).
Lo stoccafisso
Lo stoccafisso è essenzialmente merluzzo essiccato. Viene pescato, quindi già sulla nave viene pulito (eviscerato) e poi portato a riva, dove viene messo su delle reti ad aspettare l’essiccamento. Si fa nelle zone nordiche perché a dare il giusto contributo a questa fase sono il sole, che è abbondante nonostante faccia freddo, è il vento che porta via l’umidità che il sole estrae dagli stoccafissi. Questo processo dura ben tre mesi, dopo i quali vengono tolti e sono secchi, hanno pochissima componente acquosa, troppo poca perché si possono sviluppare dei batteri nelle carni.
Il che significa che si possono inscatolare e portare praticamente in tutto il mondo, senza particolari necessità di conservazione.
Tra l’altro, il fatto che debba rimanere tre mesi all’aria aperta significa che la stagione deve essere dalla parte dei pescatori: infatti lo stoccafisso si fa solo in estate, mentre in inverno le condizioni climatiche non consentono di portare a termine questo tipo di lavorazioni.
Il baccalà
Il baccalà è più comune, perché ha dalla sua parte il vantaggio di essere prodotto durante tutto l’anno, anche al nord; la conservazione infatti non richiede il sole, ma la sua funzione la fa il sale, che è il componente principale che determina la conservabilità del prodotto.
Il baccalà viene quindi lasciato sotto sale (letteralmente sotto il sale) per tre settimane, periodo durante il quale viene girato diverse volte per garantire l’assorbimento da tutte le sue parti. Nelle nostre zone abbiamo una lavorazione che, almeno come basi, è molto simile, ed è la lavorazione del prosciutto crudo.
Dopo questo periodo, il sale avrà assorbito l’umidità e a sua volta sarà stato assorbito dai tessuti del pesce, che saranno quindi molto più ristretti rispetto al passato (non c’è più l’acqua).
Questo assicura il poter essere conservato anche a temperatura ambiente, senza bisogno del frigo, perché l’altissima concentrazione di sale impedisce lo sviluppo della flora microbica che ne causerebbe la degradazione.
È in questo modo che i baccalà e gli stoccafissi vengono trasportati, soprattutto per fornire anche a chi abita(va) in zone lontane dal mare componenti essenziali, come i sali minerali o gli omega tre, presenti solo nel pesce. Una regola che non viene dai nostri nutrizionisti odierni: avete presente la regola cristiana secondo cui “il venerdì si mangia pesce”, ancora in vigore in alcune famiglie? Era una regola pensata per evitare le carenze nutrizionali nelle persone che il pesce lo vedevano ben poco.
Le differenze nutrizionali? Davvero poche
Va da sé che le differenze nutrizionali tra baccalà e stoccafisso sono veramente poche, anche se entrambi sono inferiori al merluzzo fresco per via della perdita di sostanze con il processo di conservazione. In ogni caso, la maggior parte di queste caratteristiche vengono mantenute, e questo significa che mangiare pesce fresco non è molto diverso dal mangiare uno di questi due prodotti.
Prodotti che, per essere mangiati, devono ovviamente essere rigenerati in acqua. Lo stoccafisso deve riprendere un po’ di umidità persa nel processo. Nel baccalà invece si deve diminuire il sale, altrimenti sarebbe davvero impossibile mangiarlo. Il baccalà, peraltro, viene passato più volte in acqua nuova, per diluire al meglio il sale, altrimenti… Beh, sarebbe un po’ difficile da mangiare.
Facciamo attenzione a questo aspetto soprattutto se lo acquistiamo al supermercato e non sappiamo quanto è rimasto in acqua… Nel dubbio, rimettiamocelo un po’ anche noi.
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Ultimo aggiornamento il 27 Dicembre 2020 da Rossella Vignoli
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