Beef Co: quando l’industria della carne è pericolosa per l’ambiente
Perché consuma moltissima acqua e immette nell'atmosfera grandi quantità di metano
Ma l’industria della carne è pericolosa per l’ambiente si o no? Questo è quello che si chiedono diversi giornalisti e studiosi, soprattutto negli Stati Uniti, dove da tempo si sono accostati all’argomento facendo indagini su quello che, sotto il nome di Big Agricolture, è uno dei settori economici più potenti d’oltreoceano. E a voi capita mai di chiedervi da dove provenga la bistecca che avete nel piatto o con quali sostanze sia arricchita per essere così a buon mercato e grande?
Sommario
È vero che l’industria della carne è pericolosa per l’ambiente?
Si può considerarla una delle attività umane più impattanti per l’ambiente. Numerosi studi scientifici e rapporti di organizzazioni internazionali hanno evidenziato come la produzione di carne, in particolare quella derivante dagli allevamenti intensivi, abbia effetti significativi su diverse dimensioni ambientali.
Ecco una panoramica dei principali problemi ambientali legati all’industria della carne, basata sui dati più recenti.
Emissioni di gas serra
L’allevamento di bestiame contribuisce a circa il 14,5% delle emissioni globali di gas serra (dati FAO), un livello paragonabile a quello dell’intero settore dei trasporti.
Le principali emissioni provengono da:
- Metano (CH4): deriva dalla digestione dei ruminanti (mucche, pecore) per via della fermentazione enterica, ed è un gas serra con un potenziale di riscaldamento globale 28 volte più potente rispetto alla CO2
- Anidride carbonica (CO2): è emessa durante la conversione delle foreste in pascoli o in terreni per coltivare mangimi, come la soia
- Protossido di azoto (N2O): è prodotto dall’uso di fertilizzanti chimici sui terreni coltivati per produrre mangimi ed ha un potenziale di riscaldamento globale 265 volte superiore alla CO2
Deforestazione
L’industria della carne è una delle principali cause di deforestazione globale, in particolare nelle foreste pluviali come l’Amazzonia.
- Allevamenti: ampie aree di foresta vengono abbattute per creare pascoli per il bestiame
- Mangimi: la coltivazione di soia, usata soprattutto per alimentare il bestiame, è responsabile da sola della distruzione di milioni di ettari di foresta ogni anno ed il 77% è destinato a mangimi per gli animali, e non al consumo umano diretto
La perdita di foreste non solo riduce la capacità del pianeta di assorbire anidride carbonica, ma distrugge anche habitat cruciali per la biodiversità.
Consumo di risorse idriche
La produzione di carne richiede enormi quantità di acqua. Un po’ di numero chiariranno bene la situazione.
Per produrre 1 kg di carne bovina servono circa 15.000 litri di acqua, considerando l’acqua utilizzata per coltivare i mangimi, abbeverare gli animali e gestire i processi industriali. In confronto, per produrre 1 kg di cereali servono circa 1.500 litri di acqua.
Gli allevamenti intensivi, inoltre, inquinano le risorse idriche circostanti con liquami animali, fertilizzanti e pesticidi.
Uso eccessivo del suolo
L’industria della carne utilizza circa il 77% delle terre agricole globali, principalmente per pascoli e coltivazione di mangimi, ma fornisce solo il 17-18% delle calorie globali e il 37% delle proteine.
La conversione di terreni naturali in pascoli o campi per coltivare mangimi contribuisce alla perdita di biodiversità e a una riduzione della fertilità del suolo.
Perdita di biodiversità
La deforestazione e l’espansione degli allevamenti intensivi portano alla distruzione degli habitat naturali, mettendo a rischio migliaia di specie animali e vegetali.
Gli allevamenti intensivi utilizzano monoculture per produrre mangimi (acome soia e mais), che impoveriscono la biodiversità agricola e aumentano la vulnerabilità dei sistemi alimentari a parassiti e malattie.
Inquinamento del suolo e delle acque
Gli allevamenti producono enormi quantità di rifiuti animali (letame e liquami), che, se non gestiti correttamente, possono contaminare il suolo e le acque sotterranee.
L’uso intensivo di fertilizzanti e pesticidi per coltivare mangimi contribuisce all’inquinamento chimico di fiumi, laghi e oceani.
Gli scarichi agricoli ricchi di azoto e fosforo possono causare fenomeni di eutrofizzazione, che portano alla formazione di zone morte negli ecosistemi acquatici (esempi noti nel Golfo del Messico e nel Mar Baltico).
Resistenza antimicrobica
Gli allevamenti intensivi utilizzano grandi quantità di antibiotici per prevenire malattie e promuovere la crescita degli animali. Questo abuso contribuisce allo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici.
La resistenza antimicrobica è una grave minaccia per la salute globale, con l’OMS che la considera una delle principali emergenze sanitarie del 21° secolo.
Confronto con le alternative alimentari
Le proteine vegetali (fagioli, piselli, ceci, cereali…) hanno un impatto ambientale significativamente inferiore rispetto alla carne. Bastano anche qui un po’ di dati:
- Minori emissioni di gas serra: da 10 a 50 volte più basse
- Minore consumo di acqua: da 5 a 10 volte più basse
- Minore uso del suolo: da 10 a 20 volte in meno
È vero che l’industria della carne è pericolosa per la salute?
A qualcuno è capitato e le analisi svolte da alcuni ricercatori americani confermano che la carne statunitense è ricca di ormoni steroidei sia sintetici che naturali, aggiunti ai pasti dei bovini per aumentarne il volume. Fin qui non ci sarebbe tanto di strano, visto che la pratica è approvata ormai da decenni dalla stessa FDA negli Usa e in Canada ma non in Europa, dove dal 1996 tale pratica è vietata e così come le importazioni di carne agli ormoni dalle regioni nordamericane.
La parte più enigmatica di questo processo sono i risultati di alcune analisi effettuate nei pressi di feedlot (allevamenti intensivi su ampie superfici, tipici del Nordamerica) del Nebraska, che hanno riscontrato alte percentuali di residui di farmaci steroidei nell’ambiente.
Un’analisi effettuata dai ricercatori Guillete e Soto, avrebbe dimostrato che alcuni pesci entrati in contatto con i residui ormonali provenienti dalle carcasse dei bovini e dai loro escrementi, avrebbero riportato dei cambiamenti nei sistemi riproduttivi.
In particolare, i maschi della specie, entrati in contatto con il progesterone, avrebbero adottato comportamenti sessuali e modifiche nell’aspetto diventando più simili alle femmine, viceversa queste ultime si sarebbero mascolinizzate, venendo a contatto con il testosterone proveniente dagli allevamenti.
Dunque, c’è da chiedersi, cosa contiene veramente la carne che mangiamo? C’è da temere per la nostra salute?
Le indagini rimangono aperte e le certezze ancora non ci sono, finché studi più approfonditi non verranno condotti. A peggiorare la situazione, negli Usa, ci sarebbero i forti interessi economici della cosiddetta Beef Co., l’insieme delle aziende alimentari collegate agli allevamenti bovini e suini, che da sempre utilizzano la pratica di aggiungere elementi che stimolano la crescita ai pasti dei bovini per aumentarne la resa in carne e velocizzarne la crescita.
E c’è di che preoccuparsi, visto che del miliardo e 300 milioni di bovini allevati nel mondo oltre il 30% proviene dagli USA.
Non resta dunque che rimanere in attesa di maggiori informazioni che facciano luce sulla reale pericolosità o meno della carne da allevamento intensivo. Per ora, per restare veramente tranquilli, sarebbe meglio non mangiare carne se non da allevamenti certificati biologici o biodinamici, dove c’è un notevole controllo su quello che viene dato da mangiare agli animali.
E in Italia il problema non sarebbero così sentito, visto che l’Unione Europea avrebbe vietato la pratica di arricchimento ormonale da anni ma da agosto ha acconsentito un importazione fino a 48.500 tonnellate di carne dagli USA purché non contengano ormoni.
Staremo a vedere, ma sebbene gli allevamenti intensivi costituiscano una delle maggiori minacce ambientali globali, esistono soluzioni per ridurne l’impatto.
Ridurre il consumo di carne, promuovere diete più sostenibili e una transizione verso allevamenti sostenibili con la regolamentazione dell’uso delle risorse permetterebbe di ridurne il consumo. Anche scegliere fonti di carne sostenibili o sostituire nella dieta le proteine animali con quelle vegetali, aiuterebbe l’ambiente, e contribuirebbe anche ad un sistema alimentare più equo rispetto a chi la carne non se la può ancora permettere.
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Ultimo aggiornamento il 11 Dicembre 2024 da Rossella Vignoli
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