“Rifiuti Zero”: una realtà possibile?
“Viviamo sulla Terra come se avessimo un altro posto dove andare quando avremo esaurito ogni risorsa; non è così” P. Connett
Chiunque abbia a cuore l’ecologia, la sostenibilità e la vivibilità sul nostro pianeta è interessato anche a ciò che riguarda la produzione dei rifiuti ed il loro smaltimento.
Il tema è scottante, soprattutto qui in Italia dove, periodicamente, si cerca di risolvere il problema del “dove mettere i rifiuti” costruendo nuovi inceneritori, chiamandoli magari con nomi più gradevoli, come termovalorizzatori, ma cambiando di poco quella che è la sostanza: bruciare l’immondizia è dannoso per l’ambiente e ancora di più per l’uomo.
Dalle discariche agli inceneritori negli ultimi cinquant’anni varie sono state le strategie adottate per risolvere il problema ma solo una sembra funzionare realmente, il sistema “Zero Waste” (ossia rifiuti zero) ideato da Paul Connett (professore di chimica e tossicologia presso la St.Lawrence University) alla fine degli anni ’80 per la città di San Francisco ed adottato oramai in varie parti del mondo tra cui ben 72 virtuosissimi comuni italiani.
La teoria di Connett gli venne suggerita da una frase pronunciata centinaia di anni prima da Leonardo Da Vinci: ‘non esiste cosa che possa essere considerata rifiuto’ e si basa, in buona sostanza, sull’azzeramento dei rifiuti perché si smette di produrne.
Il paradiso degli ecologisti! Ma come si fa a non produrre rifiuti?
La prima mossa è sicuramente quella di rinunciare agli inceneritori, puntando sulla raccolta differenziata porta a porta, sul riciclo, sugli impianti di compostaggio per l’umido e sulla riduzione di sacchetti, bottiglie e stoviglie di plastica.
Un impegno che coinvolge in primis i Comuni ed i cittadini ma la cui attenzione deve essere estesa, di volta in volta, anche alle aziende produttrici e distributrici.
“Utopia!” è il grido di chi ha paura di cambiare le cose ma la verità è che, se una città ad alta densità di popolazione come lo è San Francisco, che conta più di 800.000 abitanti e oggi ricicla l’80% dei materiali di consumo, allora si può fare!
Ci vuole impegno, ci vuole civiltà, ci vuole voglia di credere in un cambiamento che ci riporti indietro, alle buone regole dei nostri nonni, quando nulla andava buttato, quando ogni cosa veniva utilizzata fino allo stremo; questo è “zero waste”. Nulla di veramente innovativo se non nell’attuazione di antiche regole di vita, che oggi potremmo chiamare sostenibilità, unite ad una sola nuova norma: se una cosa non può essere riusata, riciclata, compostata allora non doveva essere prodotta.
Possibile e vantaggioso, se si pensa che a San Francisco, meno di 30 anni fa è nato un centro che raccoglie, recupera e rivende oggetti usati (elettrodomestici, mobili, infissi etc…) che oggi fattura più di 3 milioni di euro l’anno.
Così, al principio delle 3R (Riduci, Riusa, Ricicla) potremmo aggiungerne una quarta: Responsabilità. Perché è questo il sentimento di cui tutti dovremmo farci carico.
“Rifiuti Zero” si basa su tre semplici regole:
- Eliminare l’incenerimento dei rifiuti, strutturando, alla base, una differenziazione dei materiali quanto più possibile particolareggiata.
- Incentivare il riuso dei materiali riciclabili e la riparazione di oggetti riutilizzabili diminuendo quanto più possibile gli scarti (scegliendo, per esempio, di comprare detersivi alla spina).
- Sostenere la produzione di prodotti totalmente riciclabili.
Tre regole inutili se non ci si mette impegno e forza di volontà nel rispettarle, facendole diventare parte del proprio percorso di vita.
Grandi e piccole città stanno riuscendo a rendere il nostro pianeta un posto vivibile da lasciare a chi verrà dopo di noi, la domanda da porsi è: voglio essere parte di questo cambiamento?
Ultimo aggiornamento il 1 Luglio 2024 da Rossella Vignoli
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