Rischio idrogeologico alto per 6 milioni d’italiani, altri 22 milioni a rischio medio
Una breve analisi della situazione e sui perché si è arrivati a questo punto
Il rischio idrogeologico è una delle principali problematiche ambientali che affliggono l’Italia, un paese caratterizzato da un territorio variegato e spesso vulnerabile agli eventi climatici estremi. Ma perché si è arrivati a questo punto, quali sono le cause di questo fenomeno? E quali conseguenze comporta questo dissesto del territorio? Esistono però diverse misure di prevenzione che possono mettere in sicurezza diverse situazioni pericolose.
Sommario
Cos’è il rischio idrogeologico?
La probabilità che eventi come alluvioni, frane e smottamenti che possono causare danni a persone, beni e infrastrutture è il rischio idrogeologico di una regione.L’Italia ha una particolare geografia montuosa e notevole densità abitativa, e ci sono delle zone che sono più vulnerabili, così da aumentare la possibilità e il maggiore danno in caso di tali eventi.
Le cause del rischio idrogeologico
Gli imputati principali di questa situazione italiana ma che poi sono comuni a diversi paesi occidentali, sono i
- cambiamenti climatici: l’aumento delle temperature e le variazioni nelle precipitazioni influenzano la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi.
- urbanizzazione spinta e spesso selvaggia: la costruzione di infrastrutture in zone a rischio, come il letto di un fiume od il versante di una montagna già franosa nel tempo, contribuisce all’aumento del rischio.
- degrado ambientale: la deforestazione e l’abbandono delle pratiche agricole tradizionali riducono la capacità del suolo di assorbire l’acqua.
Chi è a rischio idrogeologico in Italia secondo le istituzioni
Viene chiamata rischio, ma in realtà è la condizione abituale nella quale vivono 6 milioni di italiani. A loro vanno aggiunti gli altri 22 milioni che convivono con un rischio medio.
Insomma metà popolazione italiana rischia la propria vita perché vive in una zona poco sicura a livello idro-geologico. A dirlo è l’Associazione Nazionale Bonifiche di Legambiente, il WWF e il Consiglio nazionale dei geologi.
Si tratta di una situazione drammatica: l’82% dei Comuni è a rischio idrogeologico (ci sono vari livelli di emergenza) e 1,26 milioni di edifici sono in pericolo, tra cui 6.000 sono scuole e 531 ospedali.
Sempre grazie ai dati si viene a scoprire che in Italia dal 1950 al 2012 si sono contate 1.061 grandi frane e 672 inondazioni, colpevoli di aver fatto 9.000 morti e 700.000 sfollati e senza tetto.
Quanto ai danni economici si calcolano in 240 miliardi di euro in totale, cioè 3,5 miliardi l’anno. Eppure, nonostante una situazione così precaria, tra il 1990 e il 2005 si è continuato a costruire a ritmo serrato, tanto da registrare un consumo del suolo di 244.000 ettari all’anno (corrisponde al doppio del Comune di Roma), equivalenti a 668 ettari al giorno (circa 936 campi da calcio).
Inquietanti anche le percentuali di rischio se scendiamo al dettaglio di singolo Comune. In molti casi sono tutti, in altri quasi tutti. Parliamo del 100% dei Comuni di Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d’Aosta, della provincia di Trento e del 99% in Marche e Liguria, del 98% in Lazio e Toscana, del 96% in Abruzzo e del 95% in Emilia-Romagna.
Se a rischio sono il 92% dei paesi campani e friulani, in Piemonte va meglio (87%). Le regioni più ‘sicure’ da questo punto di vista sono la Puglia (78%), la Sicilia (71%), la Lombardia (60%) ed il Veneto con 59%. E non sono dati confortanti neppure questi.
Quali sono le possibili misure di prevenzione
Ci sono diverse misure che possono aiutare a ridurre il rischio idrogeologico in Italia , ma è importante che vengano pianificate e finanziate con mezzi adeguati e hanno applicazioni che che si vedono solo sul lungo periodo:
- Pianificazione territoriale: limitare o evitare del tutto di costruire in zone a rischio e promuovere il più possibile l’uso di aree verdi nelle stesse zone pericolose
- Monitoraggio e allerta: utilizzare tecnologie avanzate per il monitoraggio delle condizioni meteorologiche e del suolo.
- Educazione e sensibilizzazione: informare la popolazione sui rischi e sulle misure di sicurezza da adottare.
Che differenza c’è tra rischio idraulico e idrogeologico
Quando si parla di sicurezza ambientale, è fondamentale comprendere le diverse tipologie di rischio, in particolare il rischio idraulico e il rischio idrogeologico.
Sebbene spesso vengano utilizzati in modo intercambiabile, questi due termini si riferiscono a fenomeni distinti che richiedono approcci e misure di gestione differenti.
Definizione di rischio idraulico
Il rischio idraulico è legato a eventi che coinvolgono elementi idrici, come fiumi, laghi e canali. Si parla di rischio in caso di alluvioni e inondazioni causate da:
- Piogge intense. Quando le precipitazioni superano la capacità di assorbimento del suolo e il volume dei corsi d’acqua.
- Ritorni d’acqua. Inondazioni che avvengono quando l’acqua dei fiumi o dei laghi supera i livelli di guardia.
- Gestione inadeguata delle risorse idriche. Malfunzionamenti di dighe, sbarramenti o sistemi di drenaggio.
Spesso è associato a eventi di breve durata ma di elevata intensità, come le tempeste estive.
Principali differenze
Aspetto | Rischio Idraulico | Rischio Idrogeologico |
---|---|---|
Definizione | Riguarda inondazioni e alluvioni | Riguarda frane, smottamenti ed erosione |
Cause principali | Piogge intense, gestione delle acque | Movimenti del suolo, degrado ambientale |
Durata degli eventi | Breve termine | Lungo termine |
Impatto | Diretto e immediato su aree allagate | Progressivo, con danni su suolo e vegetazione |
Definizione di rischio idrogeologico
Comprende un ampio spettro di eventi, legati al movimento dell’acqua nel sottosuolo e in superficie, come:
- Frane. Movimenti di masse di terra e roccia a seguito di piogge intense o scioglimento della neve.
- Smottamenti. Fenomeni simili alle frane, ma di minore entità.
- Erosione del suolo. Perdita di terreno fertile causata dall’acqua che scorre su superfici non protette.
Spesso è associato a eventi di lungo periodo e può essere influenzato da fattori come la deforestazione, l’urbanizzazione e i cambiamenti climatici.
Chi è si occupa in Italia della gestione del rischio
La gestione è fondamentale per la sicurezza e la protezione delle persone, delle infrastrutture e dell’ambiente. In Italia, diverse istituzioni, enti e professionisti sono coinvolti in questo processo, ognuno con ruoli specifici e competenze diverse. In questo articolo, esploreremo chi si occupa della gestione del rischio in Italia e quali sono le loro responsabilità.
Bisogna far fronte al problema quando si verifica e i vari enti preposti sia alla pianificazione territoriale, all’informazione sull’eventualità di un pericolo idrogeologico e all’aiuto pratico della popolazione nelle aree colpite da dissesti sono:
- ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) fornisce dati dettagliati sul rischio idrogeologico in Italia, evidenziando l’importanza della pianificazione territoriale e della gestione sostenibile delle risorse. Secondo l’ISPRA, il 75% del territorio nazionale è a rischio idrogeologico, con un aumento delle segnalazioni di frane e alluvioni negli ultimi anni.
- Ministero dell’Ambiente fornisce linee guida e normative per la gestione del rischio idrogeologico. Le politiche implementate mirano a migliorare la resilienza del territorio attraverso piani di adattamento e modernizzazione delle infrastrutture. Si occupa delle politiche di sostenibilità, della promozione di pratiche ecologiche adatte a mitigare i rischi legati ai cambiamenti climatici, e di pianificare la gestione dei rischi idrogeologici e idraulici. Indica anche i regolamenti da applicare in situazioni di epricolo o per prevenire il pericolo.
- Protezione Civile. Questo è l’ente principale responsabile della gestione del rischio in Italia. Coordina le attività di prevenzione per ridurre la vulnerabilità agli eventi calamitosi e gli interventi di soccorso e assistenza durante e dopo un evento calamitoso. Collabora con enti locali, associazioni di volontariato e forze dell’ordine per garantire una risposta efficace alle emergenze.
- Regioni e Comuni. Responsabili localmente della pianificazione e della gestione del rischio, elaborano dei piani specifici per la gestione delle emergenze a livello locale. Valutano le condizioni ambientali e rischio associato e si occupano di sensibilizzazione e formare i cittadini sui comportamenti da adottare in caso di emergenza.
Altri attori sono presenti in questo scenario. In particolare, gli enti di ricerca e le università contribuiscono con studi e analisi sui rischi ambientali e naturali. La ricerca scientifica studia dei modelli previsionali e l’impatto dei cambiamenti climatici. Formano esperti nella gestione del rischio.
Esistono poi dei professionisti del settore, come ingegneri, geologi e esperti in gestione delle emergenze, svolgono un ruolo chiave nella valutazione e mitigazione del rischio. Eseguono analisi delle vulnerabilità e progettazione di interventi correttivi. E forniscono un supporto alle istituzioni e alle aziende nella pianificazione e gestione delle emergenze.
Inoltre, ci sono importanti agenzie giornalistiche e associazioni ambientaliste come Ansa, Legambiente e WWF pubblicano rapporti annuali sullo stato dei fiumi e delle frane in Italia.
Con le loro indagini lanciano un grido d’allarme per l’insufficienza delle misure di prevenzione e la necessità di investimenti in infrastrutture verdi, come la riforestazione e la gestione sostenibile delle acque.
Aggiornamenti sugli eventi atmosferici estremi e le loro conseguenze sono un mezzo per allertare la popolazione in tempo, ma l’urgenza di interventi strutturali e di prevenzione è la base per la sicurezza di chi vive sul territorio italiano.
Il dissesto idrogeologico resta una questione complessa che richiede un approccio integrato e multidisciplinare. La prevenzione e la gestione sostenibile del territorio sono la base per affrontare il problema e garantire la sicurezza delle comunità italiane. In un contesto di cambiamenti climatici, è fondamentale agire ora per costruire un futuro più sicuro e resiliente.
Foto di Timo Volz su Unsplash
Ultimo aggiornamento il 18 Settembre 2024 da Rossella Vignoli
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