Siberia, il gulag… dei rifiuti tossici
Giacciono sottoterra, in semplici fosse, talvolta ricoperte da strati di sabbia. Ma niente più. E’ questa la soluzione che a partire dagli anni ’70 le autorità dell’allora Unione Sovietica avallarono per disfarsi dei pesticidi tossici.
Così, 250 mila tonnellate di prodotti a base di Ddt – messo fuorilegge per la sua pericolosità sugli organismi – sono stati progressivamente occultati in una remota area della Siberia sud-occidentale, nella regione di Tomsk, all’epoca disabitata.
Tuttavia, in questa landa sperduta, iniziarono con gli anni a sorgere i primi insediamenti, e arrivarono insieme anche i primi disturbi sull’organismo dei cittadini.
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Nausea, mal di testa, senso di spossatezza: patologie diffuse tra decine e decine di nuclei familiari, al punto da far insospettire le amministrazioni locali, che hanno provato a cospargere di sabbia i terreni “avvelenati” , nel contempo allontanando gli orti. Palliativi che tuttavia sono serviti a ben poco, intere aree – denunciano le organizzazioni ambientaliste russe – sono del tutto contaminate.
A rendere preoccupante la situazione vi è poi il fatto che soltanto nell’agosto 2011 la Russia ha ratificato la convenzione di Stoccolma, che impone lo smaltimento speciale delle sostanze chimiche più inquinanti.
Questo vuol dire che per 40 anni lo spargimento di queste sostanze killer si è perpretato senza il minimo controllo.
Per fortuna però, scienziati, volontari ed ecologisti si stanno rimboccando le maniche per iniziare la pulizia di tutta la Siberia, recuperando i residuati chimici e individuando un’area apposita e ben delimitata dove poterli posizionare.
E’ questa l’unica soluzione al momento plausibile, in attesa dei fondi per la costruzione di un inceneritore.
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Ultimo aggiornamento il 4 Gennaio 2024 da Rossella Vignoli
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