Smog, dannoso anche per il nostro cervello
Quando si parla di smog in genere si tende sempre a considerare il rischio che si possano sviluppare patologie tumorali a carico dei polmoni. Negli ultimi anni però si sta ponendo l’accento anche su altri effetti che erano stati del tutto sottovalutati.
L’American Psychological Association, l’associazione degli psicologi USA, ha reso noto difatti che lo smog “inquina” anche le nostre capacità intellettive.
Allo stato attuale non è ancora chiaro quale sia l’agente inquinante implicato direttamente nell’alterazione cerebrale, per cui sono in corso una serie di studi incrociati. Difatti l’aria che respiriamo è una miscela di varie particelle ed è difficile capire la correlazione delle varie combinazioni con i danni alle funzioni cognitive.
Nella relazione rilasciata dall’APA è stato reso noto che gli effetti sono differenti in base alle varie fasce d’età:
- le donne anziane che erano state esposte a maggiori livelli di inquinamento mostravano un declino cognitivo maggiore rispetto alle altre
- i bambini che avevano respirato maggiori quantità di fuliggine riportavano risultati peggiori nei test di memoria verbale e non verbale
- i feti esposti agli idrocarburi policiclici aromatici avevano una maggiore probabilità di sviluppare sintomi connessi all’ansia e alla depressione, nonchè deficit di attenzione
In realtà anche il fenomeno dell’inquinamento acustico non è da sottovalutare poichè metterebbe a dura prova il benessere psico-fisico dell’individuo, come ribadisce Colleen Moore, presidente del dipartimento di psicologia presso il Montana State University e autotrice del libro ” Il flagello silenzioso: bambini, inquinamento, perché gli scienziati sono d’accordo“.
Pechino è una delle metropoli in cima alla lista per l’inquinamento da smog e acustico a causa sia del traffico incessante che delle continue costruzioni. Paradossalmente però, la maggiore coscienza della problematica sta portando con sè un effetto collaterale: l’ossessione del controllo sui livelli di smog. Ogni giorno migliaia di cittadini della megalopoli cinese utilizzano smartphone e computer per aggiornarsi sui valori delle particelle e decidere pertanto se sia il caso di uscire con o senza mascherina.
Graham Webster, ricercatore accademico dell’Università di Yale, vivendo a Pechino ha avuto modo di osservare come l’informazione corretta potrebbe appesantire la quotidianità delle persone, finendo con il degenerare in lamentele piuttosto che indurre comportamenti costruttivi.
Forse dovremmo chiederci allora quanto una cultura dell’allarmismo sia in grado di smuovere le coscienze collettive in maniera produttiva, non credete?
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Ultimo aggiornamento il 30 Luglio 2024 da Rossella Vignoli
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