Passare a miglior vita e avere una sepoltura ‘green’? In Italia, fin dall’epoca napoleonica, essere sepolti in terra è espressamente vietato da una normativa che affonda le proprie radici proprio agli inizi del 1800 quando, con un apposito decreto, Napoleone stabiliva alcune norme igienico-sanitarie per regolamentare la sepoltura dei morti. L’attuale normativa che vieta le sepolture in terra libera si rifa al codice napoleonico e al Regio Decreto del 27 luglio 1934.
Una scelta comprensibile, vista l’epoca del decreto, che comunque non dimenticava la funzione ‘purificatrice’ della Natura. Negli anni successivi si introduceva anche l’obbligo di piantare nei cimiteri almeno 3 tipi di piante ‘adatte’ al luogo tra cui cipressi, pioppi piramidali, salici di Babilonia e qualsiasi albero non fruttifero che nella crescita tenda a svilupparsi orizzontalmente.
Quindi nel nostro Paese il green burial è vietato ancora oggi mentre in molti paesi europei (Inghilterra, Austria, Svezia, Svizzera) rappresenta un modo innovativo per utilizzate aree boschive o ex-agricole in maniera economicamente fruttuosa e soprattutto alternativa alla cementificazione. Perché, a distanza di secoli, non si può approcciare diversamente questa materia, per quanto delicata essa sia?
Il problema, infatti, non si pone neanche da un punto di vista meramente religioso, poiché anche se i ‘cimiteri verdi’ solitamente non sono consacrati, ognuno può decidere liberamente se far benedire o meno il lotto di terreno in cui sceglie di essere sepolto. È quanto succede già da anni in Europa e Nord America dove la richiesta di sepolture verdi è in costante aumento con prezzi che variano dai 3.000 ai 5.000 euro a seconda del rito e del tipo di sepoltura scelto. Solo in Gran Bretagna, dal 1993 ad oggi, sono stati realizzati più di duecento ‘green burial ground’ e la tendenza è destinata ad aumentare.
Un nuovo business legato alla sempre maggiore consapevolezza ambientale? Forse, ma la tendenza ambientalista che ha contagiato il settore presenta innumerevoli vantaggi. Basti pensare che ogni anno, in Italia, vengono distrutti 50 kmq di foresta per produrre legna destinata ai riti funerari (bare, croci, ecc), senza considerare che vernici, zinco e altri materiali tossici finiscono col disperdersi irrimediabilmente nell’ambiente.
Navigando in rete scopriamo, a questo proposito, che un’azienda di Novara ha ottenuto di recente l’autorizzazione ministeriale a produrre e vendere bare in bioplastiche ricavate dal mais che si dissolvono gradualmente nel terreno senza inquinare. Segno che qualcosa, pur lentamente, comincia a cambiare.
Su questa scia alcuni designer milanesi hanno realizzato un eco-sepolcro totalmente biodegradabile che ha già ottenuto molti riconoscimenti all’estero. Si tratta di un contenitore a forma di uovo realizzato in amido dal nome particolarmente evocativo: ‘capsula mundi’. Al suo interno il corpo del defunto viene inserito in posizione fetale e poi interrato come fosse un ‘bulbo’.
Sulla sommità viene piantato un albero scelto dalla persona prima della morte e affidato alle cure dei propri cari. Così facendo, si potrebbero realizzare boschi sacri destinati alle eco-sepolture e realizzare l’ultimo desidero anche dei defunti più eco-consapevoli.
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Ultimo aggiornamento il 16 Maggio 2024 da Rossella Vignoli
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