Quello che c’è da sapere sulla manioca: proprietà e ricette da preparare
Uno dei cibi più utilizzati fin dall'antichità in Sud America.
Scopriamo insieme le proprietà della manioca, una radice dalle origini antiche, ricca di carboidrati, ferro e calcio che è anche un’ingrediente base della cucina naturale. Le sue proprietà sono molteplici e non a caso è un ingrediente importantissimo nelle cucine di diversi paesi tropicali: pensate che in uno di questi, la manioca viene addirittura raffigurata su una moneta!
Sommario
Caratteristiche della manioca
La manioca (nome scientifico Manihot esculenta) è un arbusto proveniente dall’America centro-meridionale, coltivato nelle foreste tropicali. Si tratta di una radice dalla forma simile alle carote, la cui scorza è ruvida e marrone, mentre la polpa interna è dura e bianca, ma al contatto con l’aria, per effetto dell’ossidazione, diventa rossiccia.
Si ottiene una farina simile alla fecola di patate, chiamata tapioca, che viene utilizzata per lo più nel Sud America e nel Nord Africa.
La manioca fa parte delle euphorbiaceae, la parte commestibile è solo la radice che può raggiungere fino agli 80 cm ed un diametro di 5 cm.
Esistono due tipi di radice:
- quella amara (dalla pelle liscia)
- quella dolce (con la pelle raggrinzita)
Con il tempo entrambe possono modificare il loro aspetto, diventando da dolci ad amare o viceversa.
La storia della manioca
La manioca, detta anche cassava, casava, yuca o yucca, è una pianta dalle origini antiche, le testimonianze ne fanno risalire l’utilizzo a 6.600 anni fa, difatti sono stati ritrovati dei pollini presso il sito archeologico di di San Andrés.
Era uno degli alimenti fondamentali della popolazione Maya e molti reperti artistici dell’età precolombiana ne riproducono i vari usi testimoniando il largo consumo che se ne fece. All’arrivo degli europei nelle Americhe la manioca costituiva il cibo alla base della dieta degli amerindi.
Le proprietà ed i benefici per la salute
La manioca è costituita principalmente da acqua (60%), carboidrati, proteine, ceneri, zuccheri e grassi in ridottissima quantità. Vi è anche una discreta presenza di sali minerali come fosforo, magnesio, calcio, potassio, manganese e selenio e si riscontra una buona concentrazione di vitamine, soprattutto del gruppo C, B, E, K e betacarotene.
Contiene anche importanti aminoacidi, tra cui la fenilalanina, la metionina e il triptofano.
La manioca è una delle principali fonti di carboidrati per gli abitanti dei paesi tropicali ed è anche ricca di ferro, calcio e niacina (la vitamina B3). Dal punto di vista nutritivo però è molto scarsa, infatti contiene il 35% d’amido, da 0,50 a 0,75 % di proteine, lo 0,33% di glucosio e l’1% di saccarosio e di destrina dato che in pratica non sono presenti grassi.
Dal punto di vista terapeutico le radici di manioca amara sono tradizionalmente impiegate per contrastare la dissenteria, mentre le foglie costituiscono un ottimo analgesico naturale. Alla radice fresca tritata, invece, vengono associate proprietà antinfiammatorie, antisettiche e diuretiche.
Ricette ed utilizzi in cucina
La parte commestibile di questo arbusto è rappresentata dalle grosse radici a tubero ricche di amido.
Questo alimento presenta un elevato potere calorico, con un’elevata concentrazione di carboidrati. Tuttavia, si presenta priva di glutine (per cui è un cibo adatto anche a chi soffre di celiachia) e povera di contenuto proteico.
ATTENZIONE: La manioca non può essere mangiata cruda, va sbucciata e cotta come le patate. Nella varietà dolce è presente difatti una tossina nella buccia per cui bisogna pulirla per bene. Per questo leggerete che la buccia della manioca è velenosa. Questa tossina è presente anche all’interno della polpa nel caso della varietà amara.
La manioca può essere fritta, cucinata come purè ed anche preparata in umido. Il brodo di cottura può essere utilizzato per addensare le minestre o per le pappe dei bambini.
Farina di manioca per dolci
Dal tubero della manioca si ricava con un processo di lavorazione anche una tipologia di fecola, detta tapioca o anche farina di manioca, che è molto utilizzata ad esempio in Sud America per la preparazione di dolci, date le proprietà addensanti, ma che trova anche utilizzo per preparare piatti minestre o creme a base di verdura.
La tapioca, alla fine del processo di lavorazione, si presenta in forma di piccole sferette bianche, non una vera e propria farina quindi.
Per chi desiderasse provare la tapioca, eccovi dove acquistarla direttamente online:
Tempi di cottura della manioca
In commercio si trova per lo più la varietà dolce, buona sia arrosto che bollita. I tempi di cottura di questi tuberi variano tra i 15 e i 30 minuti. Una volta cotta, bisogna eliminare la parte fibrosa centrale che non è commestibile.
Se volete sfiziarvi con una colazione tipica del Brasile, provate a servirla tiepida con un po’ di burro mentre, sempre in Sud America, molti preferiscono lessare la manioca per accompagnarla a carne o pesce.
Ricetta dei palitos de yuca, snack a base di manioca tutti naturali
Eccovi anche la ricetta per fare i palitos de yuca. Un piatto molto semplice e veloce per arricchire il vostro menù.
Per fare i palitos, tipici snack delle zone colombiane, vi occorrono:
- 900 gr di radice di manioca
- 1 uovo
- 40 gr di burro
- farina 00 qb
- sale
Preparazione:
- Lessate la manioca in abbondante acqua calda salata, sbucciatela, aggiungete un pizzico di sale e lavoratela fino ad ottenere una purea.
- Aggiungete l’uovo e il burro ammorbidito e cominciate a mescolare, aggiungete poca farina, se l’impasto dovesse risultare troppo morbido, dovete ottenere un impasto sodo.
- A questo punto fatene un lungo cordone di 2 cm di spessore e tagliate tanti bastoncini della lunghezza di un dito.
- Friggeteli in olio bollente e consumateli subito dopo, i palitos de yuca vanno serviti caldi.
Manioca fritta
Altra variante molto popolare. Viene preparata sbucciando la manioca facendola bollire per mezz’ora. Dopo averla bollita, la manioca va tagliata un po’ come le patatine, a fettine o a spicchi.
Infine, va fritta in olio di semi per due o tre minuti, fino a quando comincia a formare una crosticina più scura. A questo punto, non resta che salare e servire in tavola.
Altre informazioni
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Ultimo aggiornamento il 6 Aprile 2021 da Rossella Vignoli
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1-Non sarebbe il caso di metter più in evidenza in esordio l’allerta sulla velenosità di buccia ( nella varietà dolce) e di polpa (nella varietà amara di Manioca)? Con probabile esagerazione un noto scrittore per ragazzi di fien ‘800, con velleità didattiche e lunghi studi in biblioteca, asseriva che bastava scalfirsi la pelle con un coltello mentre se ne tagliava la buccia per avvelenarsi mortalmente (per lo meno a tubero appena raccolto). Eppure citava chiaramente l’acido ciandirico, che non può essere letale a quel livello. Mah…! A questo proposito sarebbe da verificare se non sia una contraddizione il fatto che citandovi letteralmente “Alla radice fresca tritata, invece, vengono associate proprietà antinfiammatorie, antisettiche e diuretiche”.
2-Potete descrivere il metodo per farla arrosto?
3-Mi sembra di capire che anche a vostro parere la cottura a vapore (con cestello) consente di rimuovere più agevomente tutta la buccia mentre neutralizza il veleno. Aggiungo che è utile dopo aver tagliato per un paio di cm le due estremità del tubero per meglio sfogarne l’acido ciandrico
3-Dopo la cottura con buccia rimane della sostanza cerosa fusa sotto il cestello, come se il tubero venisse protetto immergendolo in parffina prima della esportazione. Mi pareva che anni fa non avvenisse. Ne sapete niulla?
4-Potrebbe essere utile riportare i vari nomi ccon cui è noto questo tubero. E’ vero che cassava è solo un prodotto derivato, come la tapioca ne è la farina?
2-Potete descrivere il metodo per farla arrosto?
3-Mi sembra di capire che anche a vostro parere la cottura a vapore (con cestello) consente di rimuovere più agevomente tutta la buccia mentre neutralizza il veleno. Aggiungo che è utile dopo aver tagliato per un paio di cm le due estremità del tubero per meglio sfogarne l’acido ciandrico
3-Dopo la cottura con buccia rimane della sostanza cerosa fusa sotto il cestello, come se il tubero venisse protetto immergendolo in parffina prima della esportazione. Mi pareva che anni fa non avvenisse. Ne sapete niulla?
La buccia va levata prima di cucinarla perché – confermo – velenosa. In questo sito ho trovato in foto il metodo che uso anch’io